29 novembre 2006

AM/FM. Tutto finisce, secondo l'Ofcom

Mi considero molto fortunato. Quando ho cominciato a interessarmi attivamente di radioascolto questo fantastico mezzo di comunicazione aveva già mezzo secolo di vita. Ma la radio che ho imparato a conoscere (e ad amare) non era poi tanto diversa da quella che muoveva i suoi primi passi negli anni venti del secolo scorso. Ora, leggendo articoli come quello pubblicato pochi giorni fa sul Media Guardian (richiesta la registrazione gratuita), sul futuro della radio nel Regno Unito, mi ritrovo a riflettere sulla mia fortuna: quella di avere forse qualche pallida chance di vedere qualche indizio di come la radio sarà tra altro mezzo secolo. Il Guardian parla della consultazione appena aperta dall'Authority britannica, l'Ofcom, sulla possibile evoluzione del mercato radiofonico, anche dal punto di vista delle tecnologie. E' la prima volta che si parla concretamente di totale - anche se non imminente - dismissione delle onde medie e dell'FM analogiche. Non solo per l'arrivo di standard digitali vecchi e nuovi, il DAB, il DAB+, il DRM+. Ma anche per la possibile riallocazione delle attuali frequenze analogiche a nuovi servizi digitali, broadcast o meno che siano. Ci vorranno ancora anni, ovviamente, forse decenni, ma immagino sia inevitabile che il digitale cancelli l'analogico, non foss'altro per la pressione esercitata dall'industria del silicio. E quella delle batterie, aggiungerei con un po' di malizia, visto quanto riescono a consumare le radio digitali.
Un punto molto importante della notizia del Guardian è però quello che riguarda la questione, vera o presunta, della qualità (sonora) digitale. Il DAB, scrive il collega Jack Schofield, ha dimostrato di essere un disastro su questo piano, ma l'Ofcom non affronta il tema della qualità audio. Ma, ricorda Schofield, la gente ascolta la radio per la qualità dei programmi. Quando quarant'anni fa strizzavano i loro primi transistor per ascoltare Radio Caroline, i giovani della qualità dell'audio se ne fregavano: per quando gracchiante ed evanescente, quella musica la potevano sentire solo su Caroline, non dalla soporifera BBC. La quale proprio da Caroline imparò moltissimo, come tante altre radio pubbliche in Europa. Certo, messa di fronte alla possibilità di scegliere tra un buon audio e un cattivo audio, gli ascoltatori preferiscono il primo.
Fatevi una grande regalo, se volete. Leggetevi la storia del Guardian e andate a prelevare il lungo documento di consultazione stilato dall'Ofcom. Ci sono molti dati interessanti, come un grafico che evidenzia come l'ascolto digitale della radio, tra DAB, TV digitale e Internet, sia già al 13,6% in Gran Bretagna. O come il pubblico britannico ascoltasse nel 2005 3,2 miliardi di ore di FM, 0,6 di ore di onde medie e 0,45 miliardi di ore in digitale (nel 2006 immagino che le onde medie risulteranno già non pervenute). Trovate il link a questo straordinario documento in fondo al pezzo qui riportato. Direi che si possa sorvolare sul riferimento ai presunti ricevitori DAB/DRM "commercializzati" al momento. Funzionano male, ma questo il giornalista del Guardian non può saperlo. E dopo tutto conta poco: prima o poi funzioneranno. Non so voi, ma a me pare già di avvertire un inquietante ticchettio.



The future of UK radio is now in your hands

The industry regulator Ofcom is throwing the debate on British radio formats over to the public

Jack Schofield
Thursday November 23, 2006
Guardian

If you are concerned about the future of radio in the UK, it's time to get involved. Ofcom has just published a discussion document, The Future of Radio, and is looking for comments by December 14. There are some dramatic changes up for consideration, such as replacing AM radio with Digital Radio Mondiale and replacing FM with DAB. These could render hundreds of millions of radio sets obsolete, and either make radio sound much better or - as with DAB - worse.
Ofcom stresses that nothing has been decided. The purpose of the discussion document is merely to establish the area for debate. It will be followed next year by a full consultation document, which will look at "policy solutions". Ofcom said: "The discussion document looks at what we believe should be considered going forward. Are there additional areas that we should look at?"
Anyone who has been following the DAB (digital audio broadcasting) saga will have no doubt that there are. In particular, Ofcom is simply ignoring the whole issue of sound quality. This is a disaster in view of the BBC's apparently diminishing interest in the topic and the commercial stations' continuing lack of interest. Only Ofcom, the industry's regulator, can set minimum standards to ensure that listeners can receive high-quality sound.
The problem is that people choose their radio stations for content rather than sound quality. Those who joined Jimmy Saville's Under The Bedclothes club on Radio Luxembourg or tuned in to pirate stations such as Radio Caroline listened in spite of the sound quality because they wanted to hear programmes the BBC did not provide. This doesn't mean they would not have preferred better sound. When they have a choice, such as when ripping their own CDs for PC or iPod playback, users clearly do care.
The current argument is about the World DAB Forum's adoption of the AAC+ codec to replace the old MP2 used by DAB in the UK. Ofcom says it has no plans to move to AAC+ - it plans to roll out another DAB multiplex based on obsolete technology. Steve Green, a Hi-Fi World columnist who runs the digitalradiotech.co.uk website, says this is "a ridiculous idea, because it makes the switchover [to AAC+] harder to achieve, and it will prolong the date before we can switch off the old services".
For comparison, Australia adopted AAC+ before the new standard was announced, and Bakom, the Swiss regulator, has already changed tack. After inviting bids for three MP2 radio stations on its new DAB multiplex, Bakom has decided to offer eight stations in the more efficient AAC+ format instead. Ironically, Ofcom's discussion document suggests that Digital Radio Mondiale (DRM) is one option to replace AM radio, as a complement to DAB. DRM already uses AAC, so dual DRM/DAB radios could soon become a convenient replacement for AM/FM radios. T-Mobile is already selling a Morphy Richards DAB/DRM radio in Germany, while Sangean has a triple-format FM-RDS/DAB/DRM model based on a new chipset from Radioscape in Cambridge.
There are several options for the spectrum now occupied by FM radio stations. At present there are five blocks for BBC Radios 1 to 4 and Classic FM, plus five blocks for local radio. Ofcom suggests there could instead be 11 blocks for DAB or DMB (Digital Multimedia Broadcasting, ie including TV), or five blocks of DVB-H (radio or TV for handhelds) "or something not yet thought of".
There's nothing fundamentally wrong with using FM space for DAB; it's more efficient. The problem today comes from adding more stations and reducing the broadcast quality of existing stations - even transmitting stereo music stations in mono - to fit them all in. Adding TV, which requires far more bandwidth, could make radio sound even worse.
Green says: "It is totally unacceptable to even consider switching off FM unless there is regulation in place to ensure that listeners get at the very least the same audio quality level on digital radio as they receive on FM, and preferably it should be significantly higher. This is the 21st century, after all. If they can't beat 1960s FM there is something very wrong." The way Ofcom is going, Green says he'd put a large bet on the UK getting digital radio with the worst audio quality in Europe. We already have the worst average DAB quality in the world.
www.ofcom.org.uk/consult/condocs/radio_future



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27 novembre 2006

I viaggi di Agide

La sua passione è ascoltare il mondo alla radio, captare voci lontane che attraversano i continenti sulle onde corte. Lui è l'imolese Agide Melloni, 57 anni, autista dell'Atc di Bologna oggi in pensione. Il 2 agosto 1980 era in servizio sull'autobus che trasportò le vittime della strage e per questo il nostro giornale ha già avuto modo di parlare di lui (si veda sabato sera del 3 agosto 2002). Stavolta, il pretesto per tornare farlo è per fortuna molto più lieve ed «etereo». Agide Melloni ha infatti vinto un concorso indetto da Radio Cina Internazionale e per questo dal 28 ottobre al 4 novembre andrà in viaggio premio a Pechino con la sua compagna.
Il viaggio di Agide - qui raccontato dal settimanale imolese Sabato Sera - ha fatto scattare l'interesse della redazione di Diario, che sul numero uscito venerdì in edicola (quello con il Dvd "Uccidete la democrazia") pubblica una intervista con Melloni dopo la sua esperienza cinese. Davvero un personaggio, questo guidatore di autobus con una parentesi di autentico eroismo nella vita e una passione comunista dichiarata ma tutt'altro che stolida e bacchettona. Al Sabato Sera Agide dichiara:

«Già da bambino ero affascinato dai suoni e al momento di andare a dormire, mio padre, per farmi star buono, mi metteva sotto il cuscino il disegno della radio».
Appena avuta la possibilità di spendere qualche soldo, ha acquistato il suo primo vero apparecchio. «Ho cominciato ad ascoltare la radio in modo più "organizzato" nel 1974. Nel tempo ne ho comperate altre, più potenti». Oggi il «parco giochi» di Agide, così lo definisce, è costituito da tre radio per l'ascolto e da una trentina di apparecchi da collezione, funzionanti o in attesa di essere riparati. La giornata in casa Melloni comincia in genere con il notiziario trasmesso dal Giappone alle 7.30.

Sul sito di Radio Cina Internazionale, il reportage sulla visita di Agide Melloni assume toni di epicità che ricordano molto quelli usati da Radio Pechino ai tempi in cui l'imolese iniziava il suo ascolto "organizzato". Nella pagina campeggia la foto di Agide che ascolta la radio con accanto - fatto abbastanza inedito per un hobby generalmente inviso alle compagne di vita - con la sua inseparabile Marilena. E nell'immagine si vede uno stendardo di Radio Berlino Internazionale, fu-emittente di uno stato che non esiste più.
Quello delle redazioni radiofoniche internazionali in lingua italiana è un mondo in via di estinzione. Con loro se ne andranno i concorsi per i loro ascoltatori (di solito si tratta di rispondere a domande le cui risposte si nascondono nei testi letti durante i programmi, o di inviare un componimento più o meno celebrativo della nazione e dell'emittente che bandiscono la gara), che venivano premiati con ricordini, libri e - vedi il caso di Agide e di qualche altro fortunato - con un viaggio. La Cina evidentemente è una destinazione molto ghiotta. Eppure allora si faceva a gara per essere invitati in luoghi assai meno stimolanti.
Se oltre al sito di Radio Cina Internazionale andiamo a spulciare quello di Voce della Russia, lo spazio dedicato alle lettere degli ascoltatori dimostra che in tutta Italia di Agide ce ne sono ancora (se non ricordo male l'argomento è stato affrontato da Enrico Bellodi in una tesi di laurea pubblicata tempo fa da Edizioni Medicea). Un ristretto pubblico di appassionati che continua a seguire i programmi rivolti all'estero, venendo comunque a consocenza di fatti, temi, persone che la nostra stampa ignora e che l'onnipotente televisione fatica a seguire. Pretendere che certe trasmissioni proseguano nella nostra lingua è davvero eccessivo. Inglese, spagnolo, arabo e francese potrebbero tranquillamente bastare: a mio modesto parere il medium onde corte potrebbe continuare a svolgere, anche in analogico, una preziosa funzione informativa e diplomatica, magari da coniugare con l'ininterrotta azione dei grandi broadcaster verso i luoghi di maggior criticità geopolitica. Fa pensare, in questo senso, un annuncio pubblicitario di un ricevitore, l'Eton E1 ("Il top delle radio a onde corte"), che oggi Andrea Borgnino mi ha segnalato da Repubblica. In un mondo globalizzato e popolato da viaggiatori e migranti non si capisce perché l'idea di un mezzo di comunicazione che costa così poco, può stare comodamente in tasca, consuma quattro pilette e non richiede connessioni fisse, computer e soprattutto infrastrutture e licenze pagate a carissimo prezzo, debba fare così schifo. Sono così scemi quelli della Eton, a intuire un mercato potenziale dove questo non c'è?
Eppure la passione di Agide sta per essere spazzata via dal generale calo di motivazione - e di finanziamenti - da parte dei vari governi. Le trasmissioni in lingua italiana spariscono e con loro se ne va anche una buona dose di incentivo a proseguire sulla strada di un hobby più tecnico. Contemporaneamente, nazioni di peso come l'Italia smettono di parlare di sé in onde corte. Tanto c'è Internet, o la tv satellitare, o il videofonino, rispondono gli avveduti strateghi di uno sfascio voluto per risparmiare poche migliaia di euro. Sì, ma c'è un sacco di gente che viaggia per lavoro e per divertimento, centinaia di milioni di persone che Internet non la vedranno mai. Un giornale radio internazionale costa infinitamente meno di un telegiornale ritrasmesso da una rete cellulare di terza generazione, che comunque non raggiungerà tanto presto l'interno, poniamo, della Nigeria. Rivolgersi alle popolazioni afghane via radio potrebbe risultare poco efficace, è vero: ma siamo sicuri che le bombe e le successive missioni di pace lo siano di più? Nessuno dice di concentrare l'offerta mediatica sulle onde corte: è il discorso del presunto ramo secco da tagliare che non riesco proprio ad accettare. Di mezzi di comunicazione non ce ne sarammo mai troppi, il rischio è semmai che siano troppo pochi.
Leggendo di Agide e del suo viaggio in Cina ho pensato alle celebrazioni del trentennale di Radio Popolare di questi giorni, a una trasmissione di tanto tempo fa. Sull'onda dei fatti del 1989 Paolo Hutter e Marco Formigoni vollero andare a esplorare da vicino le storie che portarono alla più stupefacenta svolta degli ultimi duecento anni di politica europea. Lo fecero proprio con le trasmissioni in lingua italiana, che dopo tanta retorica propagandistica si ritrovarono di colpo a dar torto marcio ai loro (spesso sanguinari) editori di riferimento. Nacque così Popolarest, una trasmissione che abbinava alle voci ascoltate sulle onde corte le testimonianze dirette raccolte "oltre cortina", come si diceva allora. Riascoltata oggi varrebbe più di un corso universitario. Ho chiesto a Danilo De Biasio, responsabile di Popolare Network e curatore di uno dei due libri celebrativi usciti in questi giorni, che ne sia stato delle registrazioni di Popolarest. Tutto in teoria si trova ancora nell'archivio della radio, saranno venti, trentamila cassette. Studiare, classificare quell'archivio, ridare un contesto a tutte quelle voci richiederebbe la dedizione e il lavoro di molti storici. Chi se ne sobbarcherà i costi? Il passato ci interessa poco, il futuro è condizionato dai mille tagli ai nostri già risicati bilanci. Ci resta un presente mediatico popolato di "famosi" (per che cosa, di grazia?) che per finta si azzannano alla gola su una finta isola deserta. Allegria.

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24 novembre 2006

Onde corte RAI, a dicembre si chiude?


Nei corridoi RAI le voci su una imminente soppressione delle trasmissioni internazionali sulle onde corte sono diventate delle grida. Ormai più o meno ufficiosamente c'è chi lo dice chiaro e tondo: a fine dicembre i trasmettitori verrano spenti per sempre. Al posto delle trasmissioni radio, ci saranno però due bei canali televisivi internazionali. Non è ancora chiaro se al posto delle onde corte verranno utilizzati canali radiofonici satellitari o Internet, immagino che per conoscere i piani definitivi bisognerà attendere ancora un poco. Sull'opportunità di tale mossa ragioneremo quando ci sarà piena ufficialità sulle decisioni dell'emittente.

Since this is meaningful news for a broad, international audience, here's a short translation in English. Rumors about a total suppression of shortwaves broadcasts from Italy are stronger than ever. It's highly likely RAI's shortwaves facilities will be switched off for good at year's end. RAI will be producing two international TV channels, instead. More, sadly, to follow.

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1957-2007, cinquant'anni nello spazio

Con un programma di Chris Bowlby BBC Radio 4 ha inagurato le celebrazioni del cinquantesimo dell'era spaziale. Il satellite Sputnik-1 fu messo in orbita dall'Unione Sovietica nell'ottobre del 1957 scatenando le reazioni, tra ammirazione, rabbia e paura, del mondo occidentale. From Sputnik to Satnav è una mini-serie radiofonica (qui la prima delle tre puntate andata in onda ieri, 23 novembre) che ripercorre con numerose testimonianze (tra cui quelle del figlio di Krushev, scienziato spaziale) le tappe dell'incredibile avventura, da quella prima sfera di metallo agli attuali, sofisticati satelliti per le telecomunicazioni, il posizionamento, l'esplorazione scientifica e geografica e lo spionaggio.
Sono andato a cercarmi qualche dettaglio sullo Sputnik, che era essenzialmente un radiotrasmettitore nello spazio. Per gli sperimentatori di questi oggetti era fondamentale poter monitorare in qualche modo le orbite, la velocità e le condizioni ambientali, per esempio la temperatura, intorno ai primi velivoli in grado di raggiungere quote così elevate. Così anche a bordo del primo satellite doveva esserci una radio. Pochi sanno che quel primo lancio scatenò la passione dei radioamatori, che subito cercarono di ascoltare il flebile segnale telemetrico trasmesso su due frequenze intorno ai 20 e i 40 MHz. Secondo la NASA i russi giocarono anche in questo senso un tiro mancino all'Occidente. Una commissione dell'International Geophysical Year aveva infatti deciso di utilizzare i 108 MHz come frequenza per la sperimentazione di veicoli spaziali. Un documento della CIA, desecretato pochi anni fa, illustra nel 1961, in alcune tabelle, le frequenze dei successivi satelliti sovietici. Lo splendido sito dello svedese Sven Grahn sulla storia dell'esplorazione spaziale presenta i dati in forma sintetica.
Per ascoltare il vagito del primo satellite artificiale, ecco una pagina che raccoglie alcune incisioni originali del radioamatore americano Roy Welch, che da Dallas ascoltò lo Sputnik su una frequenza di 20.007 kHz. Sembra che per consentire il monitoraggio del satellite persino la stazione di tempo e frequenza campione WWV spegneva il trasmettitore sui 20 MHz durante i suoi passaggi sopra l'orizzonte.

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23 novembre 2006

Relativismo culturale? Sì, grazie

CERIMONIA DI PREMIAZIONE - PREMIO MOSTAFÀ SOUHIR 2006
Firenze 25 novembre 2006, h 11:00
Sala Luca Giordano - Palazzo Medici Riccardi, via Cavour 1

Ore 11.00 – Saluti - Matteo RenziPresidente Provincia di Firenze

Introduce - Lucia De SiervoAssessore Accoglienza e Integrazione Comune di Firenze

TALK SHOW – Media Multiculturali, Media Mainstream una collaborazione possibile
Conducono: Raymon Dassi (asteriscoradio.com) e Roland Sejko (Bota Shqiptare) vincitori delle passate edizioni

Partecipano: Jean Leonard Touadi (presidente di Giuria) Enzo Cucco (Segretariato Sociale RAI), Raffaele Palumbo (Controradio) per la giuria del premio 2006, oltre a Carlo Sorrentino (Università di Firenze), Pino Rea (FNSI), Gennaro Schettino (Metropoli – La Repubblica), Viorica Nechifor (La Stampa)

Ore 12.30 – CERIMONIA DI PREMIAZIONE - conduce Jean Leonard Touadi

con la partecipazione di Fabio Laurenzi - Presidente del COSPE, Lucia De Siervo - Assessore Accoglienza e Integrazione Comune di Firenze, Mario Simondi - Presidente Festival dei Popoli e Mercedes Frias - Parlamentare

Il premio Mostafà Souhir è un’iniziativa promossa da COSPE con la collaborazione del Comune di Firenze – Assessorato Politiche Accoglienza e Integrazione e Controradio; con il contributo della Commissione Europea – Progetto Mediam’Rad - Media Diversità Pluralismo e con il patrocinio di RAI – Segretariato sociale, Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Ordine dei Giornalisti, Regione Toscana. Media partner Metropoli
Informazioni: COSPE – Via Slataper, 10 – Firenze – Tel.055-473556 – Fax. 055-472806

e-mail: info (at) premiomostafasouhir (dot) it web: www.premiomostafsouhir.it

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Un catasto dello spettro repubblicano

L'esterofilia non è un reato, malgrado l'assonanza con tutte le altre perversioni di etimo greco (se non sono perversioni è il filo a precedere l'oggetto della passione, altrimenti c'è solo da vergognarsene), ma è del tutto fine a se stessa. Qui siamo, qui rimaniamo, qui dobbiamo cercare di cambiare le cose che non ci piacciono. Guardate al problema della gestione dello spettro RF. Curiosando sul portale comunitario europeo (politiche per la società dell'informazione, spettro delle radiofrequenze), ho trovato una utile lista degli organismi preposti - ministeri e quant'altro - nei vari paesi membri. Le agenzie specificamente rivolte alla gestione delle frequenze sono poche, a dire il vero. Non so se per mancanza di chi ha allestito i link sul portale. Ma in Francia - dove la sigla RF ha una grande importanza nazionale - vedo che esiste la Agence Nationale des Fréquences (ANFR). Sono andato sul sito e tanto per cambiare mi sono vergognato un poco. Tra le funzionalità messe a disposizione di chi consulta questa risorsa, oltre a un mucchio di informazioni sulla gestione dello spettro e il controllo dei campi elettromagnetici, c'è Cartoradio, un vero e proprio catasto GIS degli impianti trasmissivi sull'intero territorio francese. Navigando nella mappa compaiono tre generi di simboli colorati che designano gli impianti di radiotelefonia mobile, radiodiffusione e altri trasmettitori (tipicamente PMR, Personal Mobile Radio) più un simbolo rosso che fornisce il dato sui campi misurati in quella porzione di territorio. Per ogni impianto è possibile visualizzare una scheda che illustra il comune di pertinenza e la banda di frequenza operativa. Per legge, il cittadino francese può andare dal suo sindaco e chiedere di misurare i livelli di campo nel proprio comune di residenza. Ma attraverso Cartoradio si possono consultare le "schede sanitarie" relative alle misure già effettuate. Queste schede sono dettagliatissime (ne allego una presa da Parigi) e indicano i livelli di intensità di campo elettromagnetico alle principali frequenze rilevate (da 0 a tot GigaHertz), oltre a dati fisici come l'altezza delle antenne presenti nella porzione di territorio. Insomma, una quantità di dati umiliante per chi vive nel Far West di Spettrosalvaggio, il paese dove - se hai soldi - non devi chiedere mai per sparare i tuoi cento kiloWatt dove cavolo ti pare. Quando qualcuno se ne accorgerà sarà solo a sanatoria avvenuta. A Spettroselvaggio, come a Casabusiva, Tassevasa e Ariafetente, una sanatoria non la si nega a nessuno.
Di fronte a un sito come Cartoradio uno può reagire in modi diversi. Per esempio affermando che si tratta di un inutile spreco di soldi pubblici (il che probabilmente è vero, anche se immagino che i dati siano stati raccolti nel tempo, in base a un regolamento e a una allocazione di risorse finanziarie che rientra in quella disciplina, da noi esoterica e poco praticata, della gestione della cosa pubblica, sì quella cosa inventata dai romani circa 2.500 anni fa; ci credo che ce la siamo scordata). Oppure chiedendo immediatamente l'asilo politico in Francia. Ma forse una terza via potrebbe essere piu semplice: prendere esempio. Non credo che il ministro Gentiloni legga questo modestissimo blog. Forse il suo staff dovrebbe fare un po' di benchmarking su Internet, così, tanto per imparare qualcosa. Per completezza, prendete nota della pagina dello European Radio Office sul Frequency Information System (EFIS) and National Frequency Tables. Da questo indirizzo è infatti possibile accedere ai vari band plan nazionali dei paesi membri UE, o consultare direttamente il band plan ufficiale comunitario (prelevabile qui ) e accedere alla maschera di interrogazione online del database EFIS.

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Modulatori FM e altre radio a corto raggio


Sto seguendo - con un certo interesse per i diversi approcci alla definizione (e al rispetto) delle regole sulla gestione delle risorse spettrali - una problematica divertente: l'uso dei cosiddetti "modulatori" FM, veri e propri piccoli trasmettitori FM a bassissima potenza, che servono a stabilire un facile collegamento tra sorgenti audio di vario tipo (tipicamente i lettori MP3 come l'iPod) e un ricevitore FM convenzionale. Negli Stati Uniti questi apparati sono piuttosto diffusi tra i pendolari che vogliono ascoltarsi, direttamente sull'autoradio, una playlist personalizzata e memorizzata sul lettore MP3. Uno dei più popolari era stato l'iTrip di Griffin Technology, una piccola estensione da incastonare sull'iPod attraverso il connettore per le cuffiette. Adesso questo prodotto è stato sostituito da iTrip Auto e da RoadTrip, trasmettitori FM con caricatore per auto incorporato.
Nell'ottobre scorso la mailing list del British DX club informava di una imminente decisione da parte dell'OFCOM, l'Authority britannica, che sembrava intenzionata a liberalizzare l'uso di questi apparati anche nel Regno Unito. Ora questa proposta di liberalizzazione è diventata ufficiale e potrebbe già entrare in vigore prima di Natale. Leggetevi il documento stilato dall'OFCOM, che contiene anche i rimandi alla proposta di liberalizzazione della Banda Cittadina dei 27 MHz (20mila utenti nel Regno Unito che potrebbero essere liberati da ogni obbligo di licenza) e dei dispositivi PMR 466 che già operano su porzioni di spettro "unlicensed".
Tutto bene? Beh, non completamente. Perché se in Inghilterra i piccoli modulatori potranno circolare liberamente, gli americani cominciano a osservare i primi problemi con gli apparecchi che non rispettano troppo le limitazioni imposte dalla FCC attraverso il cosiddetta Part 15 certification, un paragrafo della normativa che rende appunto possibile l'uso dei modulatori in piena libertà. Secondo la newsletter specializzata del consulente e radioamatore Robert Gonsett, The CGC Communicator, negli Stati Uniti questi apparecchietti avrebbero già raggiunto la notevole quota di 3.5 milioni di pezzi venduti. Il fatto è che da quelle parti i modulatori servono anche per l'ascolto, sull'autoradio, dei ricevitori satellitari digitali portatili, quelli per XM e Sirius. Gonsett cita un divertente pezzo del Los Angeles Times, in cui si racconta del reazioni di stizza degli ascoltatori di una stazione, che improvvisamente cominciano a ricevere (dall'auto ferma al semaforo nella corsia accanto) programmi del tutto diversi. E magari sgraditi. Sirius per esempio trasmette il celeberrimo (e sboccatissimo) Howard Stern: quando la sua voce interferisce per colpa di un modulatore troppo potente, o su una frequenza sbagliata, c'è chi si affretta a coprire le orecchie ai bambini.
Non è un caso se proprio la National Public Radio americana è uno dei fautori più espliciti di un mercato dei modulatori (o dei micro-trasmettitori) rispettosi delle leggi e dei limiti di potenza. Negli USA è vietato per esempio utilizzare una frequenza come gli 87,9 MHz - compatibili con certe autoradio - perché potrebbero partire delle interferenze sull'audio di un canale televisivo. La NPR è però preoccupata per l'uso molto diffuso di una frequenza, gli 88,1 MHz, che molte sue stazioni utilizzano. Anche la National Association of Broadcasters si è messa a fare lobby dopo aver constatato, come scrive Radioworld Online, che 13 dispositivi su 17 non rispettano i limiti di potenza fissati dal famoso paragrafo 15.
Come al solito, agli occhi di un residente in Italia, sembra di leggere un racconto di fantascienza. Qui circolano senza alcun problema gli apparati RF più disparati, senza che nessuno si preoccupi delle interferenze. Viceversa, pensare di utilizzare un prodottino potenzialmente utile come il RoadTrip qui da noi sarebbe da pazzi: dove la troviamo una frequenza libera, anche all'interno dell'auto, a meno di non staccare completamente l'antenna esterna e immettere il segnale FM attraverso un cavetto?
Il ministro Gentiloni in questo momento ha ben altri grattacapi per la testa, ma per quanto un oggettino simpatico come il RoadTrip appaia trascurabile, non è detto che l'Italia possa permettersi di ignorare del tutto la faccenda (a parte che prima o poi non sarebbe male mettersi a gestirlo per davvero questo benedetto spettro). Perché, guarda un po', anche il RoadTrip ricade nell'ambito delle iniziative per le politiche per la Società dell'Informazione, in particolare tra le politiche di Gestione dello Spettro comunitario, alla voce Short Range devices.

Short-range devices are low power transmitters for many types of applications such as alarms, local communications, door openers, medical implants, radio frequency identification applications. They are usually simple mass-market products. They use spectrum under an unlicensed regime. A functioning European Union Internal Market for SRDs relies on clear, predictable rules for manufacturers and users.


E' molto istruttivo andarsi a leggere l'ultimo studio, pubblicato fresco fresco sugli "Aspetti legali, economici e tecnici dell'uso collettivo dello spettro nella Comunità europea." Lo studio si può prelevare a questo indirizzo in formato PDF. Nelle prime pagine leggiamo

Collective use spectrum is mainly allocated to short range devices (SRDs). Specific ECC Decisions that are intended to allow free circulation within the CEPT area cover some of these; however, implementation of these by EU Member States varies. SRD spectrum management activities are mainly handled by the SRD Maintenance Group of CEPT, which maintains the principal European regulatory reference document for SRDs, CEPT Recommendation 70-03 (Rec 70-03). This document defines twelve specific SRD applications and a single generic category of “non-specific devices”.

Sarebbe però sbagliato credere che il discorso sugli SRD si esaurisce con la musica dell'iPod da ascoltare sull'autoradio. In realtà la questione abbraccia anche applicazioni elettromedicali come il monitoraggio a distanza delle funzioni vitali, o sistemi ancora più interessanti per la logistica e il commercio come l'RFID. O magari l'interconnessione delle periferiche elettroniche attraverso nuovi standard come UWB Ultrawide Band o ZigBee. Il rischio è di perdersi nei meandri dei comitati. Mi fermo qui, segnalandovi il sito dello European Radiocommunications Office, alla pagina dell'Electronic Communications Committe (ECC) cui fa capo il gruppo SRD. Essendo coinvolto anche l'ETSI, ecco una pagina con ulteriori riferimenti. Meno ufficiale ma sicuramente più interessante è però il sito della Low Power Radio Association.

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22 novembre 2006

Radiotelex, la forma delle onde

Interessante e fortunata la scoperta di Andrea Borgnino:

Navigando in giro - mi scrive - ho scoperto oggi che a gennaio 2007 esce un nuovo libro dedicato all'ascolto utility dal titolo Technical Handbook for Radio Monitoring, dai sample PDF che si possono trovare qui. Il libro sembra ben scritto. Il prezzo e' di 49 euro compresa la spedizione.


Sì, in effetti sembra un testo interessante, nel filone della manualistica che descrive le forme d'onda degli standard per la trasmissione digitale di informazioni (perlopiù testuali) via radio. Il Technical Handbook, curato da Roland Prösch, sembra ispirarsi (speriamo senza copiare...) al Radio Data Code Manual di Klingenfuss, puntando però a raggiungere una maggiore specializzazione sugli specifici codici. Il sito segnalato da Andrea contiene diverse anteprime, in particolare il PDF di tutto l'indice, che è davvero impressionante per completezza dei sistemi citati. Stiamo naturalmente parlando di un volume molto specialistico, proposto da quello che sembra essere il rappresentante ufficiale dell'olandese Hoka (hardware e software per la decodifica di segnali radiotelex) in Germania. La mia impressione è che tutta questa documentazione sia in realtà legata alla manualistica Hoka Dallo stesso indirizzo è disponibile il software per logbook utilitari Frequency Manager, che prevede (almeno così si legge) anche tutta una serie di database di frequenze utility costantemente monitorate e aggiornate.

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ETSI verso uno standard per la satellite radio

I miei contatti in Worldspace Italia mi hanno inoltrato (grazie) l'ultimo comunicato della casa madre americana sull'appoggio da parte di Worldspace delle proposte di standardizzazione a livello europeo di uno standard per la radio digitale satellitare. L'iter di definizione di questo standard è attualmente in corso presso il Satellite Earth Stations and Systems, uno dei comitati tecnici attivi in seno all'ente normatore ETSI. Dentro a questo comitato, si legge sul portale dell'Etsi, è stato costituito il gruppo Satellite Digital Radio che vede la partecipazione di Viatis Satellite Radio Europe/Worldspace e altri operatori (Centre for Communications Systems Research University of Surrey; Europa-Max; SES Astra S.A.; Ondas Spain SL; Institut für Integrierte Schaltungen (FhG-IIS); Delphi Deutschland Electronics Europe GmbH ; Alcatel S.A). L'obiettivo, in questi casi, è definire le regole e requisiti per una maggiore interoperabilità di apparati e sistemi, ai fini di stimolare il più possibile la creazione di un mercato sostenibile. Per una visione di insieme delle attività svolte da ETSI attraverso SES potete prelevare questa brochure.
Intanto i piani per il lancio dei servizi di radio satellitare a pagamento dal satellite Afristar verso l'Italia proseguono. Worldspace sul proprio sito francese ha già annunciato che a far data dal primo dicembre 2007 cessaranno le vendite di abbonamenti commerciali basati sull'offerta trasmessa dal transponder Nord-Ovest (Afristar dispone di altri due transponder per l'Africa e il Medio Oriente). La data non è casuale, perché l'inaugurazione dei servizi per l'Italia dovrebbe aver luogo proprio in quel periodo, dopo il completamento della rete di ripetitori terrestri attivati per garantire la piena copertura del segnale, anche dove il satellite non arriva direttamente.

WORLDSPACE SUPPORTS ADOPTION OF SATELLITE DIGITAL RADIO (SDR) AS EUROPEAN STANDARD

Core Technology Validated for Satellite Radio Systems in Europe

Silver Spring, Md., November 16, 2006 – WORLDSPACE Satellite Radio, one of the world leaders in satellite-based digital radio services, today announced its support for the recent adoption of a satellite digital radio (SDR) standard in Europe. After a comprehensive review lasting nearly two years, the Satellite and Earth Stations and Systems (SES) technical Committee of the European Telecommunication Standards Institute (ETSI) approved the technical specifications of SDR. WORLDSPACE Europe contributed technological proposals to the SDR working group from the beginning of the ETSI process.

“With the SDR standardization, a significant step for satellite radio in Europe has been achieved,” said Noah Samara, CEO, WORLDSPACE. “As a leader in the global satellite market, we not only recognized the importance of SDR technology but also understood the positive impact it would have on the industry as a whole.”

ETSI’s approval is necessary for communication systems in the European Union. The SDR standard is the core of the technology that WORLDSPACE is implementing in its satellite radio communication networks in Europe, combining terrestrial repeater networks and satellites. The standard permits the most efficient use of the allocated spectrum, maximizing digital capacity while maintaining excellent service quality, even in difficult reception environments such as urban centers.

About WORLDSPACE® Satellite Radio
Based in the Washington, DC metropolitan area, Worldspace, Inc. (NASDAQ: WRSP) is the world’s only global media and entertainment company positioned to offer a satellite radio experience to consumers in more than 130 countries with five billion people, driving 300 million cars. WORLDSPACE delivers the latest tunes, trends and information from around the world and around the corner.
WORLDSPACE subscribers benefit from a unique combination of local programming, original WORLDSPACE content and content from leading brands around the globe including the BBC, CNN, Virgin Radio UK, NDTV and RFI. WORLDSPACE’s satellites cover two-thirds of the earth’s population with six beams. Each beam is capable of delivering up to 80 channels of high quality digital audio and multimedia programming directly to WORLDSPACE Satellite Radios anytime and virtually anywhere in its coverage areas. WORLDSPACE is a pioneer of satellite-based digital radio services (DARS) and was instrumental in the development of the technology infrastructure used today by XM Satellite Radio. For more information, visit www.WORLDSPACE.com.


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Signing off



Rai Tre sta trasmettendo Nashville ma ho preferito sintonizzarmi (via Internet, è meglio che niente) sullo show radiofonico che Robert Altman ha immortalato nel suo ultimo film, A home prairie companion, grande affresco di una cultura musicale, umoristica, umana che il cinema - e la radio - ci restituiscono con garbata, sapiente delicatezza. Per questo mi sembra opportuno citare qui la breve eulogia del regista americano che Garrison Keillor, animatore dello spettacolo, ha appena pubblicato sul sito Web della sua trasmissione. "Mi spiace," conclude Keillor, "che il nostro sia stato il suo ultimo film ma so che ha amato moltissimo farlo. E' stupendo avere 81 anni ed essere innamorati."
Ciao, Robert.


To go in full-flight, doing what you love

It is with great sadness that we learned of our dear friend Robert Altman's passing. Here, then, is a note from Garrison.


Mr. Altman loved making movies. He loved the chaos of shooting and the sociability of the crew and actors — he adored actors — and he loved the editing room and he especially loved sitting in a screening room and watching the thing over and over with other people. He didn't care for the money end of things, he didn't mind doing publicity, but when he was working he was in heaven.
He and I once talked about making a movie about a man coming back to Lake Wobegon to bury his father, and Mr. Altman said, "The death of an old man is not a tragedy." I used that line in the movie we wound up making — the Angel of Death says it to the Lunch Lady, comforting her on the death of her lover Chuck Akers in his dressing room, "The death of an old man is not a tragedy." Mr. Altman's death seems so honorable and righteous — to go in full-flight, doing what you love — like his comrades in the Army Air Force in WWII who got shot out of the sky and simply vanished into blue air — and all of us who worked with him had the great privilege of seeing an 81-year-old guy doing what he loved to do. I'm sorry that our movie turned out to be his last, but I do know that he loved making it. It's a great thing to be 81 and in love.

-Garrison Keillor


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20 novembre 2006

Antenne elettricamente direttive

A oltre 1.300 dollari di prezzo base (materiali inclusi) non è sicuramente una alternativa economica, ma il sistema di antenne attive di DX Engineering, piccola ma agguerritissima ditta americana specializzata in componentistica per radioamatori, SWL e DXer (molto apprezzati i suoi amplificatori per filari lunghe RPA-1), è davvero interessante. Receive 4-Square System è un cosiddetto "array", una matrice, di antenne verticali attive, basato anzi su quattro modelli DXE-ARAV-1P dello stesso costruttore (il prezzo singolo di queste verticali attive è di 229 dollari). Le quattro antenne devono essere disposte ai vertici di un quadrilatero di circa 40 metri di lato. Una volta installate e messe singolarmente a terra, le quattro antenne vengono collegate a uno switchboard controllato da un terzo elemento del sistema, una console separata. La funzione dello switchboard è quella di applicare a ciascuna antenna un brevissimo ritardo, in modo che i segnali raccolti e concentrati a livello di console (che dev'essere a sua volta collegata al ricevitore, previo eventuale preamplificatore opzionale) vengono in pratica messi in controfase l'uno con l'altro. Il risultato è un sistema di controllo di fase che determina elettricamente una forte direzionalità del sistema di antenna, che senza tutto questo sistema di linee di ritardo sarebbe omnidirezionale.
Il sistema 4-Square, discusso su un gruppo di discussione americano, è stato anche recensito, positivamente, su eHam (io non ho niente a che fare con DX Engineering, anzi mi sento un po' pirla a far loro pubblicità gratuita). Secondo il costruttore un sistema riduce nello spazio di un possibile giardino extraurbano la capacità di un array di filari molto più lunghe. La banda di frequenze coperta è una classica 0,1 - 30 MHz, ovverosia onde lunghe, medie e corte.
A suo tempo abbiamo affrontato l'argomento dei sistemi di phasing, utilizzati sia a livello di ricezione (per realizzare appunto sistemi di antenne elettricamente direzionali, come questo), sia nel campo della noise suppression, per escludere fonti di rumore ad ampio spettro. In genere i sistemi di phasing vengono realizzati con componenti passivi come i trasformatori (che fungono da invertitori di fase), ma qui abbiamo un ottimo esempio di come l'inversione di fase possa essere realizzata con le cosiddette delay-line. Per approfondire la questione e le caratteristiche di questo prodotto si può prelevare il libretto di istruzioni del 4-Square System.

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WoodBoxRadio, un front end per WinRad


Diventa sempre più difficile seguire le vicende dei vari progetti Software Defined Radio amatoriali o commerciali perché la situazione è in pieno fermento. Ecco per esempio l'anticipazione, da parte di Beppe Campana IK3VIG, della prossima novità in arrivo, a partire dall'inizio del 2007, da WoodBoxRadio. Si tratta di un nuovo prototipo di ricevitore basato su WinRad, avanzato software di demodulazione di Alberto di Bene. Beppe descrive le caratteristiche della nuova soluzione elaborata a partire del front end hardware di Giuliano I0CG, SDR-X. Dalla descrizione si evince che in questo caso, il ricevitore Winrad-RX prevede, per la parte software, una speciale DLL che estende le normali funzionalità di Winrad per consentire il controllo della preselezione e della sintonia. In più, viene proposto un modulo hardware opzionale con un oscillatore DDS esterno, per portare la copertura fino alla banda amatoriale dei 6 metri (i 50 MHz). Nel complesso il front end comprende il mixer QSD e tre diversi moduli (nella versione con copertura da 1.800 a 30.000 kHz + porzione dei 50 MHz), mentre il software è costituito da WinRad con l'estensione della nuova DLL. Nel suo comunicato, diffuso su un gruppo di discussione specializzato, Beppe parla anche della disponibilità di alcuni assemblati di pre-produzione prima del lancio ufficiale.


We are making the final tests on the WINRAD-RX, the HF+6m Receiver based on the SDR-X from I0CG Giuliano, before starting with the stock production next January 2007. The Winrad-RX is a SDR receiver devoted to I2PHD's software, using an exclusive software extension based on a DLL, that performs tuning, band change, preselector tune and antenna selector directly from Winrad. This extension is available from Alberto I2PHD (thank you, Alberto).

The Winrad-RX is composed by these four modules:

- Main receiver board
- HF Preselector board
- DDS AD9951 board (SFDR > 80 dBc and a phase noise > 130 dBc/Hz at 1kHz)
- 500Mhz external oscillator board (DDS up to 200Mhz)

Electrical characteristics:

Frequency range : 1.8 - 30 MHz + 50 Mhz (with the 500Mhz DDS version)
Preselector, with autotuning over all the HF band
Dedicated antenna connector for the 6m band, with its own dedicated filter
11dB preamplifier switch
10dB attenuator optionally insertable
QSD (Quadrature Sampling Detector) type mixer
Post mixer amplifier with 0.8 nV/sqrt(Hz) noise and > 40dB gain
I/Q outputs on a stereo 3.5mm connector for the PC sound card
Sensitivity : MDS better than 125 dBm (500 Hz bandwidth)
IP3: >= 20db.
Image frequency rejection > 60 dB (with a properly adjusted PC software)


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19 novembre 2006

Via con l'etere

Prendo in prestito una segnalazione degli amici di Newsline, per annunciare un altro titolo dell'ampio filone celebrativo di questo trentesimo anniversario della libertà radiofonica. Il volume, Via etere, Radio Libera, idea di libertà, è stato scritto da Paolo Lunghi e viene presentato domani, lunedì 20 presso la sede dell'editore, Ibiskos-Ulivieri in via Spartaco Lavagnini, 40 a Empoli, Firenze. "Un libro," si legge sul sito ufficiale, "sulla Radio Libera, a trent’anni dalla nascita, che analizza il settore radiofonico partendo proprio dalle piccole realtà di provincia, da quei progetti apparentemente inutili di piccoli ragazzi, di nomi ignoti che non “saranno famosi”, ma che grazie al loro intuito hanno modificato la storia d’Italia, dando vita negli anni 70 al fenomeno delle Radio libere."
Lunghi raccoglie in quest'opera le esperienze della prima radio libera del medio valdarno, Radio Empoli International, e di altre emittenti locali, ma immagino che il suo sia più uno sguardo comunitario che provinciale e spero che il suo racconto sia riuscito a catturare lo spirito originario di un fenomeno che in una certa misura - era inevitabile, la mia non è una critica idealistica né tanto meno ideologica - l'Italia dei grandi network radiofonici commerciali ha tradito, imboccando la strada di una professionalità indiscutibile, ma dal mio punto di vista di ascoltatore esigente, alquanto sterile.
Mi permetto di riportare qui un estratto della prefazione a Via etere, firmata da Tana de Zulueta:

... La libertà, dai padroni, dai poteri vari del mondo della politica e dell'impresa: era questo l'aspetto più coinvolgente dell'esplosione delle piccole radio locali. All'epoca della nascita di Radio Empoli International e delle sue consorelle sparse per l'Italia ero una giornalista alle prime armi, intenta a raccontare una società in fermento. Le radio libere erano uno tra i tanti lieviti che stavano scuotendo l'Italia. Per chi osservava dall'estero forse il segnale di cambiamento più forte fu il referendum sul divorzio. Quando vinse il 'si', i vecchi corrispondenti si resero conto che l'Italia sotto i loro occhi forse non era più quella, un po' folcloristica e fin troppo prevedibile, che avevano raccontato ai loro lettori. Ai giovani, come me, i capi redattori chiedevano qualcosa di diverso. Scrissi delle radio libere, di femminismo, di pretori d'assalto, di battaglie ambientaliste, e, purtroppo, di violenza politica: come ricorda Lunghi, era l'epoca delle BR, ed era attiva anche la destra eversiva. Movimenti ed eventi che hanno lacerato il paese. Nel racconto di Lunghi se ne sente una eco attutita: Empoli era, ed è, una città tranquilla. Ma lui stesso ritiene che l'esperienza delle radio libere rappresentò un percorso alternativo per chi, magari, era stato tentato da strade più perigliose, dalla droga alla lotta armata.
Le radio furono di tutti i tipi. In seguito alla musica, il primo vero, grande motore della moltiplicazione delle emittenti, c'era la politica, o, più semplicemente, una battaglia civile. La battaglia per la legalità di Peppino Impastato, costruita intorno ad una piccola radio libera, è stata racconta con molta efficacia nel film 'I cento passi'. Il film fa rivivere, per chi non ha vissuto quell'esperienza, il vento di libertà rappresentato dalla radio. Passavano le canzoni diventate bandiere per tanti giovani in tutto il mondo, arrivarono anche spensierati turisti nudisti, per la felicità dei maschi siciliani, ma la realtà, quella che conta, in Sicilia non cambia così facilmente, e Peppino finì morto ammazzato, con la struggente canzone Summertime di Janis Joplin che risuonava dalla radio accesa della sua macchina. Per fortuna la stragrande maggioranza delle radio libere non subirono uno stop così brutale.
Passata l'epoca dello spontaneismo, alcune radio si sono consolidate, altre, tante, sono scomparse, e con loro, forse, una parte del vento di libertà che avevano rappresentato. Alle radio libere Lunghi attribuisce il merito di essere state il primo mezzo mediatico interattivo. Una specie di anticipazione di quello che le nuove tecnologie di oggi possono fare, ma che solo in parte realizzano. Almeno per quanto riguarda la televisione.


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18 novembre 2006

Goodbye Abkhazia


Continuano più o meno regolarmente a segnalare la radio "ufficiale" dell'Abkhazia, provincia autonoma georgiana che dal 1992 lotta militarmente contro Tbilisi per staccarsi e diventare una nazione indipendente (o più probabilmente ricongiungersi con la Russia). Apsua Radio trasmette su 9495 kHz o qualcosina di meno ed è stata segnalata a ottobre dopo le 02 UTC, probabilmente adesso apre alle 3. La stazione dovrebbe arrivare, in russo, fino a dopo le 4 o 5 e in teoria ha anche una fascia intorno al mezzogiorno. Sarebbe da provare.
La situazione in Abkhazia è caucasica. Leggi: incasinata quasi peggio che in Iraq. Anche perché mentre nell'ex "resort" bolscevico sul Mar Nero, tanto amato da Stalin che volle annetterlo alla Georgia (quel pazzo furioso credeva di giocare a Risiko, lui), si accende la lotta per le gole di Kodori, unica striscia di territorio sotto controllo militare di Tbilisi (che insiste affinché il governo provinciale de jure, oggi esiliato in Georgia, si insedi da quelle parti, probabilmente in una bella tenda da campo)... Ebbene, mentre in Abkhazia si lotta, con l'aiuto dei fratelli ceceni (etnicamente vicini agli abkhazi i quali però sono vicinissimi ai russi, i quali naturalmente vorrebbero sterminare i ceceni...); insomma mentre a sud-ovest ne succedono delle belle, a nord-est, in Ossezia del Sud, altra provincia indipendentista georgiana, la tensione non diminuisce. Il 12 novembre la popolazione dell'Ossezia meridionale ha approvato al 90% l'autonomia con un referendum, mentre quelli che non cercano l'indipendenza già pensano a un controreferendum. Due giorni fa la Reuters dava una notizia che se non ci fossero di mezzo migliaia di morti e profughi, movimenti di guerriglieri, terroristi, traffici d'armi, povertà e distruzioni assortite sarebbe esilarante: Eduard Kokoity, leader ribelle dell'Ossezia e Sergei Bagapsh, leader ribelle dell'Abkhazia, si sono trovati con Igor Smirnov, leader ribelle della moldava Transdniestria e hanno dettato le loro condizioni a Mikheil Saakashvili, leader eletto della Georgia. I negoziati con le due regioni possono riprendere se la Georgia si impegna a non usare la forza con gli osseti e se ritirerà le sue truppe dall'abkhaza Kodori. Scusate l'analisi sommaria, ma queste sono le ultime notizie dalla periferia dell'impero dell'amico Putin.
Per seguire la situazione il sito di Radio Free Europe/Radio Liberty continua a funzionare egregiamente, i suoi periodici report sono pieni di spunti. Ma a proposito di Caucaso ho trovato un sito interessante in Conciliation Resources, una ONG che da quelle parti cerca di portare un messaggio di pacificazione. Con la collaborazione di alcune radio locali, CR ha lanciato il progetto South Caucasus Radio Diaries, che cerca di dar voce a chi non l'ha mai avuta, la popolazione locale. La prima vittima delle manovre dei vari capobanda. Una ventina di stazioni radio di tutta la regione collabora alla raccolta di documenti orali che vengono poi ritrasmessi. I Diaries sono già stati raccolti in un CD e in un libro in lingua russa prelevabili dal sito di Conciliation Resources. Da Sukhumi, "capitale" abkhaza, trasmette per esempio Radio Soma, che ha un bellissimo sito Web. Molto interessante anche il sito della missione ONU a Sukhumi, la UNOMIG.



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I nostri vent'anni compiono trent'anni

Ivan Berni, Ninì Briglia, Piero Scaramucci, Biagio Longo con intervento telefonico di Andrea Rivas. Giornalisti, alcuni dei quali divenuti molto famosi (come tantissimi che sono passati dietro a quei microfoni) che oggi non appartengono più a Radio Popolare ma che ne rappresentano l'intera storia direttoriale. Eccoli tutti schierati questo piovoso sabato mattina di novembre, sul piccolo palcoscenico dell'auditorium ricavato nel seminterrato della sede più recente della radio, una palazzina di via privata Ollearo, nel quartiere milanese che Testori ha immortalato nei grigi acquarelli della sua Gilda del Mac Mahon. Una Milano che non c'è più ma che da trenta anni Radio Popolare continua, nonostante i limiti che i suoi stessi vecchi direttori hanno evidenziato, a raccontare. A moderare la discussione, che è stata umana e politica senza cadere nel sentimentalismo un po' senile di queste occasioni, l'attuale direttore Massimo Rebotti, coadiuvato dai due curatori dei libri sul trentennale dell'emittente appena pubblicati - vedi le due schede del post precedente - da Garzanti e Kowalski. Il più ambizioso, quello di Sergio Ferrentino, è una vera e propria "garzantina" di Radiopop, una autobiografia collettiva enciclopedica strutturata per lemmi. Più impressionistico il lavoro di Danilo De Biasio per Kowalski, con un mosaico fatto di fotografie e di brevi spezzoni estratti dal poderoso archivio della stazione e riversati sul CD allegato.
De Biasio ha sottolineato sul palco e ha ribadito nella breve conversazione che dibattito chiuso ho avuto con lui, l'incredibile valore storico di quell'archivio sonoro accumulato, alla rinfusa, in mucchi di scatoloni. Qualcosa come 20, forse 30 mila audiocassette che secondo l'autore di "Ma libera veramente" richiederebbero un corposo investimento per essere tutte ascoltate e classificate, in base a criteri scientifici. E' un lavoro monumentale che De Biasio vorrebbe poter affrontare con la collaborazione di una università, perché per ripercorrere trenta anni ad altissima densità come questi non bastano due o tre studenti volonterosi: occorrono storici professionisti con una coscienza diretta o scientemente mediata dei fatti.
Li abbiamo ascoltati questa mattina, alcuni di quegli spezzoni. Il primo quello relativo a una delle primissime epocali notizie trasmesse da Radio Popolare: la morte di Mao. Al proposito Ninì Briglia, che dopo Panorama oggi dirige i periodici Mondadori, rivela come in quella circostanza avesse ricevuto, dal primo direttore Scaramucci (passato alla Rai nel 1978), "la peggiore lavata di capo professionale della mia vita". Briglia, giovane e inesperto, aveva pensato bene di dare la morte di Mao come seconda in scaletta del radiogiornale, dopo un'apertura del tutto insignificante e locale. Tante cose, tante considerazioni personali e politiche sono emerse nei 90 minuti di una discussione ad alto peso specifico, come tutta la storia di una radio nata in un momento fondamentale per la storia del nostro dopoguerra, in rappresentanza di una fettina minoritaria di una sinistra che a Milano, trenta anni fa, contava assai più di oggi, ma che ha saputo maturare in un progetto lontanissimo dall'aver voglia di smettere, un work in progress che solo Ivan Berni ha voluto in un certo senso richiamare all'ordine, invitando la Radiopop del 2006 a ritrovare, oggi, un obiettivo forte. Una radio che ha saputo far ridere di se stesso un coacervo di mentalità ideologizzate che non conoscevano l'autoironia (tra il pubblico, questa mattina, due silenziosi ma divertiti Gino e Michele). Una iniziativa viva e vitale, che come ha giustamente chiosato Briglia ha sempre portato con sè i germi di quella capacità di socializzazione, interazione, scambio oggi tanto strombazzata a proposito del cosiddetto Web 2.0, la rete delle mille comunità intrecciate.
Dei quattro illlustri presenti tutti o quasi hanno ammesso che allora, tanti anni fa, sull'idea di arrivare a celebrare un trentesimo compleanno non avrebbero scommesso una lira bucata. Forse, ha aggiunto Berni, si è capito che si stava facendo sul serio quando Sergio Ferrentino organizzò la mitica caccia al tesoro pilotata via radio del Bordetrophy (Borderline era la trasmissione satirica che fu antesignana di quel Caterpillar che Ferrentino andò a fare in Rai), trascinando mezza città in una folle ricerca di oggetti e situazioni teatrali.
Diversamente da loro gli ascoltatori ci hanno sempre creduto. Per migliaia di ex-giovani che a Milano erano nati o si erano ritrovati nei dintorni dei loro vent'anni, Radio Popolare è stata un sottofondo imprescindibile, spesso e volentieri anche quando le idee, le vocazioni politiche erano diverse. Gli spazi che forse suo malgrado, inizialmente, l'emittente ha sempre saputo dare alle voci discordi, la volontà di non farsi troppo trascinare da pregiudizi e luoghi comuni, sono stati una linfa preziosa per una città, una regione che ha subìto un traumatico stravolgimento sociale e culturale. Da sempre gli ascoltatori, forse anche quelli meno assidui, hanno fatto propria l'esortazione conclusiva di Piero Scaramucci: cercare sempre di essere una radio alternativa nel senso più profondo del termine. Una voce plurale e "altra" rispetto al velenoso piattume del conformismo, di qualunque colore esso sia. Una radiofonia fatta di cuore e di intelligenza. Due merci che si stanno facendo maledettamente rare in quest'epoca di affluente, stolida infelicità.
Grazie, trentamila volte grazie. E se potete, correte ad abbonarvi.

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17 novembre 2006

Tanti auguri, Radiopop

Con poche eccezioni, tra l'altro oggetto di dispute e gare a cronometro, il fenomeno delle radio commerciali private in Italia è scoppiato trent'anni fa, diciamo tra la fine del 1974 e il 1976. Un fenomeno sociale, culturale, giornalistico, legale, tecnico su cui è stato versato un fiume di inchiostro (magari non sempre all'altezza delle aspettative) in passato. Ora, giustamente, è arrivato il momento delle celebrazioni e Radiopassioni ha già dato spazio ad alcuni libri dedicati a questo importante compleanno della modulazione di frequenza. Io c'ero, avevo già preso il virus e sentivo il debole segnale di Radio Milano International su una radio-giradischi valvolare Blaupunkt che aveva una sezione FM ferma poco sopra i 102 MHz. A Milano c'è una radio molto speciale per i milanesi e, non lo nascondo, per il sottoscritto che è da sempre un fedele ascoltatore. E domani mattina, sabato 18 novembre, alle 11.30, questa stazione, Radio Popolare, apre l'auditorium della sua recente sede (di via Ollearo 5) per presentare due libri dedicati a questa formidabile esperienza radiofonica. Qui sotto trovate le schede dei due editori, Kowalski e Garnzanti. La mia è una visione di parte, di ascoltatore quasi sempre contento. Ma di radio, intesa come programmazione, me ne intendo un poco e quella di Radiopop è coi controfiocchi, non solo nell'asfittico contesto italiota (nel paesi dei ciechi ogni guercio...) bensì in quello internazionale, ben più ricco di casi di eccellenza. Prevedo che ci sarà una certa ressa, ma cercherò di esserci per raccontare come è andata. Fino ad allora, ecco qualche spunto per ricordare i bei tempi:

Radio Jurassico
Musica e Memoria
RadioStory

***
Sergio Ferrentino con Tiziano Bonini e Luca Gattuso
"Vedi alla voce Radio Popolare"
Garzanti, Saggi
€ 25,00

La fisica dimostra che il calabrone non potrebbe volare: è così pesante e goffo, con le ali troppo piccole. Nel panorama dell’informazione e della politica italiane, lo sviluppo di Radio Popolare equivale al volo del calabrone: perché è un’emittente libera e «contro », perché è finanziata in buona parte dagli ascoltatori, perché ha inventato diversi format di successo, perché nei suoi studi sono passate generazioni di giornalisti e uomini di spettacolo, da Gad Lerner alla Gialappa’s, da Michele Cucuzza a Ninì Briglia, da Gino e Michele a Biagio Longo, da Pino Corrias ad Alessandro Robecchi, solo per citarne alcuni.
Nel 2006 Radio Popolare compie trent’anni: provocati, inseguiti, stuzzicati da Sergio Ferrentino (con Luca Gattuso e Tiziano Bonini) gli artefici della storia dell’emittente milanese (dai direttori ai redattori, dai tecnici agli ascoltatori più o meno eccellenti) raccontano questa avventura in forma di enciclopedia. Non mancano gli scoop (l’intervista in diretta a Renato Vallanzasca latitante) e gli episodi drammatici (gli anni del terrorismo, l’omicidio di Fausto e Iaio), le curiosità e i retroscena.
Perché Radiopop è stata un modo diverso di fare informazione, cultura, politica, pubblicità, comunicazione. Così sono molti i fili da seguire, lungo questi trent’anni sempre in diretta sulla strada e sulla fabbrica, sulla scuola e sul carcere: le vicissitudini della sinistra (con i suoi vizi e le sue virtù) ma anche l’evoluzione dei gusti musicali, l’onda lunga degli anni Sessanta e Settanta (il rapporto con il sindacato, la voce delle donne, le prime trasmissioni gay…) e l’impatto dell’immigrazione. Vedi alla voce Radio Popolare sono decine e decine di percorsi individuali che si raccontano, con le loro individualità, passioni e ingenuità. Nel loro insieme narrano un grande sogno collettivo che per una volta è diventato realtà.
***
"Ma libera veramente. Trent'anni di Radio Popolare: voci, parole e immagini"
Kowalski
pp. 208 € 17,00

Un libro sui trent'anni di Radio Popolare, una raccolta di suoni evocativi e, visto che c'eravamo, anche un po' di foto. Provateci voi: come si possono selezionare pochi fotogrammi di un film corale iniziato nel 1976?

Il libro
La prima biografia collettiva e autorizzata di Radio Popolare. Trent'anni raccontati da premi Nobel, calciatori filosofi, presidi canterini, femministe libertarie, navigatori solitari, cantanti girovaghi...

Il cd audio
Dalla Cina che piange Mao alle manganellate di Genova, dai litigi dei microfoni aperti alle interviste più clamorose: oltre 60 minuti di brani direttamente dall'archivio di Radio Popolare.

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Lo sviluppo SDR parte da una piattaforma


Si chiude oggi a Orlando, Florida la technical conference dello SDR Forum, un importante evento dedicato al Software Defined Radio. In questa occasione Texas Instruments - insieme a partner come Xilink e Lyrtech - ha presentato una ambiziosa piattaforma di sviluppo, la Small Form Factor Software Defined Radio, destinata alla prototipizzazione di radio SDR multiprotocollo. Com'era da attendersi l'orientamento di questa piattaforma è militare, ma le applicazioni non sono esclusivamente quelle. Il lungo comunicato stampa TI cita espressamente gli ambiti della pubblica sicurezza e delle radio commerciali, confermando ancora una volta una tendenza probabilmente definitiva verso l'SDR, che in pratica significherà la progressiva, forse inesorabile scomparsa della modulazione/demodulazione affidata a componenti analogici discreti (indipendentemente dall'aver a che fare con modulazioni di tipo analogico o digitale!).
Non è il caso di postare qui tutto il materiale (mi limito ai paragrafi iniziali del comunicato TI), ma mi è parso opportuno pubblicare almeno lo schema a blocchi di questa piattaforma perché aiuta a capire le grandi ambizioni di un progetto che, come scrive il chipmaker di Houston, abbraccia per la prima volta in forma modulare «l'intera catena percorsa dal segnale di una software defined radio multiprotocollo, incluso il modulo del front-end RF, quello per la conversione A/D D/A e il modulo DSP.» Nella circostanza il modulo RF prevede una copertura da 360 a 960 MHz.
Lascio agli interessati la lettura del materiale completo e la consultazione del sito che TI ha dedicato alla problematica, www.ti.com/SDRpr. Non perdetevi però le informazioni fornite dal partner di TI Lyrtech perché le cose si fanno ancora più complicate e affascinanti. Lyrtech si occupa infatti della problematica SCA, Software Communications Architecture, un framework aperto che dice ai progettisti di una SDR come le varie componenti hardware e software devono comunicare tra loro. Il framework, descritto in questa voce di Wikipedia nasce ancora una volta in ambito militare, anzi è una componente fondamentale del Joint Tactical Radio Systems promosso dal Pentagono (questo il sito ufficiale). Il discorso può interessare anche gli sperimentatori amatoriali dell'SDR, in particolare quelli che lavorano al progetto HPSDR, dove hardware e interfacce hanno un ruolo importante. Se qualche rappresentante del mondo accademico sta leggendo queste notizie (d'accordo non è molto probabile, ma non si sa mai), ricordo anche che l'SDR Forum bandisce un interessante concorso internazionale, Lo Smart Rdio Challenge, che seleziona i migliori progetti SDR presentati da team di studenti e dottorandi. Ormai la selezione per l'attuale edizione del concorso è finita da un pezzo, ma è verosimile che la gara si ripeta per il 2007-2008: sarebbe bello se qualche università italiana ci facesse un pensierino.

TEXAS INSTRUMENTS' SOFTWARE DEFINED RADIO DEVELOPMENT PLATFORM MAKES RAPID DEVELOPMENT AND OPTIMIZATION OF MULTI-PROTOCOL RADIOS POSSIBLE


HOUSTON (November 13, 2006) — Continuing to deliver on its commitment to provide the most comprehensive and flexible development tools in the industry, Texas Instruments Incorporated (TI) (NYSE: TXN) announced today at the SDR Forum Technical Conference the availability of its Small Form Factor Software Defined Radio (SDR) Development Platform, the industry’s first and only development platform targeted at the portable military communications market. The platform, developed in collaboration with Xilinx Inc. and other third parties, provides the entire signal chain hardware from antenna to baseband as well as a software board support package that supports a complete suite of software development tools in a single integrated development platform. With the kit, developers can easily design waveforms as well as create and test single or multi-protocol radios for applications in military, public safety, commercial, Professional Mobile Radio (PMR) and land mobile radio (LMR) communication systems as well as RFID readers. Additionally, as the platform is integrated to work with Simulink model-based design tool, developers have the option to use C/HDL or MATLAB Simulink to quickly test proof-of-concept designs and then optimize the architecture for cost and power. For more information, please visit www.ti.com/SDRpr.


Complete Hardware and Software Flexibility to Create Multi-Protocol Radios

Next-generation radios require a software defined architecture that supports multiple protocols while providing standardized hardware that can implement a broad range of systems from simple baseband to complex wideband radios. For example, a radio for military applications, such as a soldier radio, may need to support multiple waveforms as it is supplied to different groups within the military. In public safety applications, multi-protocol radios need to be able to support various emergency bands including police and fire bands.
Unlike other SDR development offerings in the market, the SDR Development Platform is a hardware/software co-development environment that supplies the full signal chain for a multi-protocol software defined radio, including RF front-end module, A/D and D/A data conversion module and digital processing module. By separating out the baseband, IF, and RF as distinct modules rather than as a single fixed architecture, developers are able to extend their radio development capabilities, as well as optimize for cost and power consumption, by substituting their own or third party modules. This flexibility is vital, as it gives developers the ability to adjust their products around the industry’s constantly varying requirements.
The digital processing module capitalizes on the performance and architecture benefits of TI’s TMS320DM6446 system on chip (SoC) comprised of TI’s TMS320CC64x+™ digital signal processor (DSP) core and an ARM9™ general-purpose processor. The high-performance DSP core streamlines complex signal processing, while the GPP supports network and application processing. Because the DM6446 device is equipped with both a DSP and ARM on a single chip, developers benefit from reduced system space and cost. Additionally, TI’s DM6446 SoC comes complete with a full set of peripherals necessary for SDR, including serial ports, USB and Ethernet connections and DDR2 and NAND flash memory. The module also comes with a Xilinx Virtex™-4 FPGA for modem co-processing and acceleration functions. The use of the Xilinx Virtex-4 SX35 gives developers enough performance headroom with low enough power to implement custom IP and acceleration functions that have varying requirements from one protocol to another supported on the same hardware.
The Data Conversion module includes two ADS5500 analog to digital converters, offering 14-bits performance at 125 Mega samples per second (MSPS) and one DAC5687, a 16-bit dual channel digital to analog data converter with 500 MSPS performance from TI. The standard RF module included in the kit covers from 360 MHz to 960 MHz with a selectable 5 MHz or 20 MHz bandwidth, supporting a wide range of applications. The platform also utilizes TI’s MSP430 ultra low power MCU and power management technology.

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16 novembre 2006

Clear Channel, fine del sogno digitale?


Venduta. Clear Channel ha accettato l'offerta di 37,60 dollari per azione. Un bel gruzzoletto di 18,7 miliardi di dollari, cui si aggiungono gli 8 miliardi di debiti di cui gli acquirenti, una cordata di fondi di investimenti guidata da Thomas H. Lee Partners e Bain Capital. La prima è una società di investimenti nota per essere un acquirente "buono". Ricordate il film Pretty woman? Bene, un raider buono è come Richard Gere alla fine del film. Quelli cattivi rilevano le aziende in crisi, le fanno a pezzi, licenziano il licenziabile, vendono i mobili e non si fermano davanti a niente. Ricordiamo che Clear Channel rappresenta qualcosa come 1.150 stazioni radio e una divisione di cartellonistica pubblicitaria. Ma è già stato annunciato che per il 40% della scuderia, ovvero 448 stazioni "small market" (negli USA i centri urbani vengono classificati in base ai potenziali ricavi pubblicitari, se ti trovi a trasmettere in un posto sfigato la tua valutazione è inferiore) e per le stazioni televisive del gruppo, si cercheranno dei nuovi proprietari. Pubblico qui la storia raccontata dal Wall Street Journal, che non manca di osservare come Clear Channel sia uno dei promotori dello standard di radio digitale HD Radio. Difficile dire adesso se i nuovi padroni di casa spingeranno ancora sul pedale dell'acceleratore o decreteranno, magari gradualmente, la fine del sogno Ibiquity. Se nella casse io avessi un buco di 8 miliardi di dollari probabilmente mi focalizzerei su una migliore gestione di un medium che conosco, senza pensare che il possibile rilancio debba necessariamente dipendere da una tecnologia che semplicemente non è in grado di raggiungere più di qualche migliaio di persone. Non quando i miei concorrenti satellitari stanno conquistando milioni di abbonati paganti. Staremo comunque a vedere come si comporterà una Clear Channel così ridimensionata.

Clear Channel Unveils Deal to Be Acquired

By DENNIS K. BERMAN and SARAH MCBRIDE (Wall Street Journal)

November 16, 2006 1:49 p.m. NEW YORK -- Radio giant Clear Channel Communications Inc. struck a deal for one of the biggest leveraged buyouts ever, accepting a bid from a group of private-equity firms of $37.60 a share, or about $18.7 billion, plus the assumption of about $8 billion in debt. The winning bid comes from a consortium led by Thomas H. Lee Partners and Bain Capital, which beat out a second group comprising Providence Equity Partners, Kohlberg Kravis Roberts & Co. and the Blackstone Group. Clear Channel owns more than 1,150 radio stations and a large outdoor advertising business. In a separate announcement, the San Antonio-based company said it intends to seek buyers for 448 small-market radio stations and its TV station division. But the sale to the private-equity investors is not conditioned on those moves. The first offers that came to the board were for around $36 for each share of Clear Channel, according to people familiar with the matter, and they were rejected. The investor groups came back with bids around $36.25, and then late Wednesday, the winning bidders came back with their higher offer. Clear Channel shares traded up 4.6% at $35.70 on the New York Stock Exchange early Thursday. The stock, which briefly traded above $90 in late 1999 and early 2000, traded as low as $27.17 in August. Clear Channel was a rumoured takover target for months, given its declining stock price and lack of dual-class voting shares that would have given more voting muscle to the family of Chairman Lowry Mays. He founded the company and now runs it with sons Mark Mays, who is Clear Channel's chief exectuive, and Randall Mays, its president and chief financial officer. Providence Equity Partners, whose managing director, Paul Salem, was a Harvard Business School classmate of Randall Mays, approached the company in the spring, say people familiar with the matter. Blackstone and Providence partnered in late August. Shortly afterwards, KKR, which had had its own independent approach to Clear Channel, teamed up with the other two groups. Other bidders emerged, such as the Carlyle Group and Apollo, and Cerberus Capital Management and Oak Hill Capital Partners. But they dropped out before final bids were due on Monday. The Mays family members, all of whom serve on Clear Channel's board, recused themselves from voting on the deal, according to people familiar with the matter. They did, however, participate in discussions. Clear Channel board member B.J. "Red" McCombs, a longtime associate of Lowry Mays, also recused himself from voting, but also participated in discussions. The company has long maintained that the stock market doesn't value the company properly, given its steady cash flow and profitable underlying businesses. Last year, it earned $936 million on revenue of $6.61 billion; its outdoor-advertising division grew 9%. Along with other radio companies, Clear Channel has thrown its backing behind HD radio, a new technology that provides better sound and squeezes more stations onto the dial. But stock investors, cautious on all old-media stocks, have focused on the fact that listeners spend less time with radio than they did a few years ago. All traditional media outlets are facing more competition from newer media, including mobile phones, video games, and the Internet. The radio broadcaster is the latest media company to draw buyout attention from cash-rich private equity. This year, a group of private equity investors agreed to acquire Spanish-language broadcaster Univision Communications Inc. and reportedly firms are interested in newspaper publisher Tribune Co. Private equity has also scooped up individual radio stations and has swirled around many other media properties. The three-week auction puts an end to public history of Clear Channel, which the Mays family founded more than 30 years ago. Helped by relaxed rules on media ownership, Clear Channel knit together a chain that includes stations in nearly all of the 100 largest U.S. radio cities and in hundreds of small towns.





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