23 marzo 2007

Africa: una radio per farsi sentire

Non amo particolarmente la retorica terzomondista ma a volte noi occidentali progrediti fino alla noia dovremmo ricordarci di quella parte di mondo ancora tagliata fuori dalle dispute sullo standard radiotelevisivo digitale più opportuno. Non saranno molti, ma qualche milioncino di individui ha seri problemi a sbarcare il lunario, bere un bicchier d'acqua e curarsi il raffreddore. Figuriamoci l'AIDS. E dal punto di vista mediatico sono milioni di persone che non sanno che cosa sia un personal computer e non possono guardare la televisione a causa di un piccolo problema logistico: l'elettricista del villaggio ha dimenticato di installare la presa di corrente. Per queste persone la radio è ancora uno strumento vitale, e non parlo di radio satellitari, o tantomeno digitali, parlo della famose radioline cinesi per le onde corte. Un mezzo di comunicazione semplice, economico, senza tanti fronzoli.
Mentre l'occidente annoiato è impegnato a superare gli irritanti difetti di una tecnologia così antiquata (l'evanescenza del segnale, orrrore; il rumore elettrico, che maleducazione), capace di portare notizie e cultura a enormi bacini di pubblico, da quello che leggo su un sito Web sudafricano segnalatomi da Renato Bruni, il continente africano è tutto un brulicare di progetti che hanno al centro la radio, le comunità di ascolto, la formazione a distanza fatta con pochi mezzi.
Bizcommunity è una testata online del Sudafrica che riprende diverse problematiche relative ai media locali. Quello che mi ha mandato Renato parla di alcuni progetti di stazioni comunitarie che nello Zambia danno voce agli abitanti dei villaggi e dei loro problemi. Grazie ai programmi autogestiti, queste piccole comunità riescono a farsi sentire dalla burocrazia centrale e a volte ottengono qualche risultato. Poche cose, ma sempre qualcosa per chi di solito non ha la minima voce in capitolo. Un altro articolo di Bizcommunity parla dei progetti del ministro del turismo del Kenya, che da quattro anni cerca di aprire una stazione FM a Londra per diffondere un messaggio più tranquillizzante su una nazione che vede minacciata la sua industria turistica dopo gli attentati terroristici che si sono succeduti in questi anni. Aprire una stazione in FM a Londra non è una impresa facile (e costerebbe 10 milioni di dollari) e infatti il nostro ministro non ce l'ha ancora fatta. Ma è buffo leggere un articolo che parla della KBC il broadcaster kanyano (che si sentiva benissimo prima della chiusura delle onde corte), spiega che BBC e VOA continuano a trasmettere in onde corte, ma non chiude l'equazione invitando il Kenya a riattivare delle trasmissioni in onde corte, magari da qualche bel trasmettitore affittato.
L'aspetto ancora più interessante è che la fonte di Bizcommunity è Panos London, una organizzazione no profit che coordina il lavoro di giornalisti e comunicatori per dare visibilità all'Africa e portare avanti in quel continete progetti di comunicazione e alfabetizzazione. Molte di queste attività vertono sulla radiofonia ed è molto istruttivo leggersi il documento (un capitolo di uno studio più ampio) intitolato Local radio in the information society: technology, participation and content in Africa Una delle iniziative di Panos si chiama Interworldradio, una libera associazione di giornalisti che condivide rassegne stampa e miniprogrammi radio su tematiche quasi sempre trascurate dai media occidentali.

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