28 settembre 2007

Prix Italia: un futuro "crossmedia" per la radio

Ancora una corrispondenza ferroviaria, da vero blogger nomadico (quale sarei se avessi un 28 anni di meno). Ancora una volta si torna a casa da un convegno sul futuro della radio (e della televisione) nell'era del Web. Ancora una volta l'organizzazione è dell'ottimo Paolo "Pawel" Morawski, per il Prix Italia della RAI. La location di quest'anno l'imponente, austroungarico palazzo della Guardia di Verona (mai vista una scalea tanto monumentale, mozzafiato in tutti i sensi). Altra differenza notevole rispetto al passato: questa volta Paolo ha avuto l'avventatezza di chiedermi di moderare un panel di esperti di primissimo piano. Senza falsa modestia, è venuto fuori un incontro denso di domande (tante) e risposte (poche, ma così è più divertente) che spero di poter pubblicare in audio se Paolo, Andrea e gli amici della RAI riusciranno a farmi avere la registrazione. Approfitto qui per salutare Fabio Tagetti, che era tra il pubblico ma non ha potuto seguirci fino alla fine. Also, a big hullo for the brief pleasure of the unexpected encounter with Mike Mullane, of the EBU, who happened to be attending as well. Mike tells me he's frequently coming to Milan. So next time, Mike, please be sure to notify me in advance so that we can share a few pints.
Molti i punti di discussione sul piatto, a incominciare dalla magnifica presentazione di Jenny Abramsky, direttrice audio e musica della BBC (con responsabilità su tutti i canali via etere e online), sulla complessa strategia crossmedia di Aunt Beeb. Raina Kostantinova, che ha diretto la radio nazionale bulgara e oggi è la responsabile del radio department dell'EBU ha presentato i risultati di un approfondito survey sulla radio pubblica in Europa, ricordando che là fuori nel mondo ci sono qualcosa come 27 miliardi di apparecchi radio analogici che non sarà così facile rimpiazzare.
Erik Lambert, che ha lavorato per 15 anni per il gruppo Canal+ e ha scelto Roma come base per la sua nuova vita di consulente internazionale, ha dato letteralmente i numeri offrendo una quantità di cifre e spunti sui modelli di business che dovrebbero sostenere il nuovo mercato dei contenuti video sulla piattaforma partecipativa del Web. Da buon conoscitore di tutti gli aspetti della catena produttiva tradizionale, Erik ha enunciato una sorta di quarta legge termodinamica della creazione e distruzione di valore nella nuova catena che si sta costruendo intorno al cosiddetto User Generated Content, dimostrando che al momento, il sistema distrugge più soldi di quanto non riesca a crearne. Un tema su cui un sacco di visionari farebbero bene a meditare. Ma in ginocchio sui ceci secchi, mi raccomando.
Belle e stimolanti anche le anticipazioni che Marco Nuzzo, di Rai.Net è riuscito a dare sulla nuova strategia Web tv della RAI, in particolare per quanto riguarda l'uscita della nuova community UGC di Zooppa.com e del nuovo player per l'accesso ai contenuti online della grande Mamma televisiva di tutti gli italiani. A questo proposito Nuzzo ha riconosciuto l'errore fatto con il player in versione beta, sviluppato sulla base di formati proprietari ma ha anche osservato che le versioni beta sono fatte per sbagliare e correggersi. Il suo non è stato solo un intervento sulla difensiva (accanto al volume di fuoco prodotto dalle strategie Web della BBC, anche la RAI fa l'effetto del dragamine vicino alla portaerei), Nuzzo ha giustamente sottolineato il ruolo che il broadcaster pubblico deve avere nell'indirizzare i contenuti autoprodotti nel giusto contesto qualitativo, affermando che organizzazioni come la RAI hanno il dovere di formare e preparare gli utenti che vogliono produrre i loro contenuto.
E infine Najat Rochdi, che è stata viceministro delle comunicazioni in Marocco e oggi lavora per le Nazioni Unite. Il suo intervento, in appassionato francese, ha ricordato a tutti che il futuro dei broadcaster non è quello di scegliere le tecnologie più avanzate, ma quelle più "appropriate", senza mai dimenticare che il mondo non è fatto solo di connessioni a larga banda e iPhone, ma anche di umili, insostituibili radio comunitarie.
Oltre due ore di gran bei ragionamenti su come la radio - sulla televisione non è stato detto moltissimo ma quanto bastava - deve affrontare questa delicata fase di transizione, combattendo con una contraddizione che rischia di essere mortale per questo medium o almeno per una buona percentuale del medium che conosciamo. Combattere contro l'obsolescenza della radio tradizionale così come viene percepita dalla fasce di pubblico più giovani, considerando che tra vent'anni saranno questi giovani, divenuti nel frattempo contribuenti, a dover tenere insieme il servizio pubblico e a finanziare indirettamente, attraverso il mercato della pubblicità, del contenuto pay per use e della connettività, anche i servizi commerciali. Paolo Morawsky ha introdotto all'ultimo secondo, con una domanda dal pubblico, il problema dei contenuti etnici, da produrre e distribuire sia verso le comunità straniere all'estero, sia verso i luoghi di origine delle varie etnie rappresentate dentro alle nazioni di riferimento dei vari broadcaster. Non c'è stato tempo di soffermarsi su questa fondamentale questione così legata alle beneamate onde corte. Speriamo che sia per una prossima volta.

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