02 settembre 2007

Street radio: tutti sulle onde medie?

Ho finalmente avuto modo di fare un'amabile chiacchierata con Giovanni Montefusco, ricercatore e docente universitario, giornalista, curatore di programmi radiofonici in passato e ideatore di Radio Spazio Musica, Web radio che sta per debuttare online. Giovanni mi ha contattato dopo aver letto su RP del mio interesse nei confronti dell'emittenza locale e comunitaria in onde medie, per discutere dei progetti, suoi e di Mario Albanesi del Conna (Coordinamento mazionale nuove antenne), per la promozione delle onde medie - "banda di nessuno" o quasi - come risorsa da dedicare a stazioni a bassissima potenza a carattere no profit ("street radio", radio universitarie e scolastiche, voci dell'associazionismo).
Giovanni che dice di aver rafforzato i suoi personali convincimenti in materia di street radio dopo aver verificato l'efficacia dell'associazionismo sulle piccole beghe amministrative di un quartiere di nuova costruzione nella zona di Montemario, a Roma, è molto preparato e ha accumulato una quantità di insolite competenze nel campo della normativa radiofonica. Insolite perché spesso gli esperti in questo campo tendono a concentrare i propri interessi sulle tecnologie trasmissive o sui linguaggi e formati della radio. Con Albanesi, mi racconta, l'idea è di arrivare a una forma di regolamentazione delle onde medie low power "per giurisprudenza", facendo leva non sugli organi giuridici e decisionali italiani ma sulla Corte di Giustizia europea. «Davanti al prevedibile silenzio o addirittura al diniego da parte del Ministero cui le street radio faranno regolare richiesta di autorizzazione,» spiega Giovanni sottolineando che questo nuovo movimento per una microradiofonia popolare non intende in alcun modo agire contro la legge (o meglio, nel vuoto normativo che in pratica nasconde l'esistenza stesse delle onde medie) nè fare la guerra alle potenti stazioni commerciali, «invitiamo i richiedenti a presentare ricorso alla Corte europea, appelandosi a diritti che dopotutto sono costituzionali. Davanti a una parere favorevole alle street radio, il Ministero e le altre autorità italiane se proprio non saranno costrette a uniformarsi, almeno non ci farebbero una esplicita opposizione.»
E' un ragionamento lucido e pacato che non fa una piega. Io aggiungo che un altro possibile appiglio di natura giuridica è rappresentato dai lavori dei comitati tecnici europei sui dispositivi in radiofrequenza a corto raggio il cui impiego non dovrebbe richiedere licenza pur operando su porzioni di spettro che sono normalmente occupate da titolari di concessioni. In particolare l'Europa si sta occupando da diverso tempo degli apparati FM a bassissima potenza che servono per l'ascolto wireless, in automobiole o nella propria abitazione, di musica riprodotta da lettori Mp3, impianti stereo e televisori (qui per esempio c'è un report sulle differenze normative tra FCC e ETSI per questo tipo di apparati). Basterebbe estendere la deregulation alle onde medie.
Il ragionamento fila, ma tutto il discorso si regge sulla possibilità di accumulare una massa critica di opinioni e di progettualità. Difficile che la macchina della giustizia, europea o italiana che sia, si muova con la piccola scintilla di una street radio occasionale e isolata. Bisogna, come dice Giovanni "fare rete" sfruttando la radio innanzitutto e poi Internet, le associazioni, i comitati, gli opinion maker e i personaggi che possano fare da cassa di risonanza alla spinta "dal basso" per una radiofonia diversa dal solito. Ma il primo obiettivo deve essere legale: occorre infatti trovare studi e avvocati in grado di patrocinare il caso delle street radio presso i competenti organi europei. Alcune possibili iniziative potrebbero scaturire nei prossimi giorni, anticipa l'"avvocato delle onde medie", dopo l'incontro con il fondatore del Conna, attivista radiocomunitario di antica data e pioniere della proposta di una banda delle onde medie liberamente accessibile. Nel frattempo, RP non si tira indietro e incomincia fin d'ora, nel suo piccolo, a fare da sponda.
C'è da chiedersi se i presupposti di questo nuovo movimento siano sufficientemente solidi. Sul piano tecnico non sarebbe certo la prima volta che le onde medie fossero utilizzate per dare spazio a emittenti di potenza minima (inferiore a un Watt). A queste frequenze le onde si propagano di giorno per via di terra, coprendo aree molto limitate le potenze impegnate e il guadagno delle antenne sono bassi. Gli impianti che rispettano questi minimi requisiti hanno il vantaggio di essere poco costosi, facili da configurare e mantenere. Dopo il tramonto scatta il fattore della propagazione via onda di cielo, croce e delizia del DXer. Le distanze percorribili dal segnale diventano potenzialmente molto lunghe. Nasce quindi un problema di interferenza reciproca e salvaguardia che bisogna gestire a livello sovranazionale, assegnando frequenze opportune (ed esclusive) oppure agendo ancora una volta sulle potenze in gioco o sulla componente di onda di cielo irradiata dall'antenna. Per come vengono utilizzate oggi le onde medie, gradualmente abbandonate dai grandi broadcaster pubblici e commerciali e ampiamente trascurate dagli ascoltatori, gli spazi auspicati da Giovanni non dovrebbero mancare. Ma non dobbiamo trascurare una variabile che potrebbe avere un grosso peso nella nostra equazione in futuro: l'avvento di modulazioni come il DRM e HD Radio ha spinto molti regolatori a ragionare su un possibile rilancio delle onde medie attraverso una politica di allocazione di risorse vista oltretutto come ideale valvola di sfogo di porzioni di spettro sature come la banda degli 88-108. Secondo me questa è una incognita da non prendere sottogamba perché i segni della difficoltà di far convivere modulazioni analogiche e digitali in una finestra di frequenze piuttosto ridotte (stiamo parlando di un megahertz di banda o poco più) come le onde medie ci sono tutti. Questi due o tre anni di sperimentazioni del DRM dimostrano che se davvero si vuole questa convivenza non si può prescindere da una forte dose di coordinamento e controllo. Il che per certi versi stride con la diffusa voglia di deregolamentazione che anima i fautori del broadcasting diffuso e comunitario.
Basterà una eventuale azione presso la Corte europea a mettere in moto un meccanismo virtuoso al punto da modificare il pietrificato statu quo della normativa italiana e sfocaire, in prospettiva, in una sensibilità su scala continentale nei confronti della radiofonia comunitaria in onde medie? Tutto, come sempre, dipende dall'effettiva esigenza di spazi che il "mercato", cioè noi, sapremo concretizzare. E nel nostro attuale contesto lo spazio occupato si misura mettendo a bilancio anche la capacità di offerta del fenomeno Web radio. Bisognerà insomma capire anche se il Web riuscirà ad ampliare e moltiplicare le opportunità di accesso attraverso le nuove infrastrutture wireless. O se viceversa i vantaggi che la radio può ancora offrire in tal senso continueranno a essere tangibili ancora per lungo tempo e se qualcuno continuerà a percepirli. Secondo l'amico Montefusco ci sono molte entità collettive e individuali in grado di apprezzare questi vantaggi. L'auspicio è che tali entità si facciano parte attiva e chiedano, sommessamente ma fermamente la possibilità di usufruirne. Per il momento gli interessati sono invitati a consultare i materiali accessibili attraverso il sito Web del Conna, nelle pagine riguardanti le street radio AM. Nei messaggi che mi ha inviato Giovanni invita anche a scaricare dal sito www.lpam.info "LPAM Handbook", pubblicazione rilasciata gratuitamente sotto licenza Creative Commons. Io vi rimando invece ai miei ultimi post sull'argomento low power AM, in particolare quello con i preziosi commenti di Andrea Russo sui fornitori di apparati di trasmissione.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

RP scrive: "Il ragionamento fila, ma tutto il discorso si regge sulla possibilità di accumulare una massa critica di opinioni e di progettualità. Difficile che la macchina della giustizia, europea o italiana che sia, si muova con la piccola scintilla di una street radio occasionale e isolata."
Ma nessuno di voi ricorda Jean-Marc Bosman? Bosman aveva alle spalle una massa critica favorevole? No, aveva solo un avvocato.
Ovviamente sarebbe meglio avere un movimento d'opinione favorevole (per le onde medie? chissà quanti sanno su che frequenze sono?), però non dovrebbe essere necessario al 100%.

Per quanto riguarda una deregulation totale, mi pare un'esagerazione: per esempio a Roma esistono moltissime associazioni in zone molto vicine, con una deregulation ci sarebbe il rischio di una "guerra" via etere per accaparrarsi il diritto di trasmettere.

Hamlet

Andrea Lawendel ha detto...

Ma Bosman aveva alle spalle il nascente mercato del calcio europeo, era un "caso isolato" molto sui generis. Un avvocato può certamente patrocinare la singola street radio davanti alla Corte di Giustizia, ma mi permetto di dubitare che Radio Beppe, scala C, arrivi tutta da sola a fare giurisprudenza. Lo può fare se si presenta come Bosman della situazione, una singola emittente che alle spalle ha un "movimento", piccolo ma agguerrito.
Personalmente io non sono affatto favorevole a una deregulation totale, anzi. Infatti non ho parlato di deregulation totale. Ma attenzione a non confondere due cose diverse: una stazione che emette in base a una autorizzazione vera e propria (magari concessa dopo un iter molto semplice, ma sempre sulla base di una politica di gestione delle spettro ben definita); e un trasmettitore "unlicensed", che può cioè operare senza esplicite autorizzazione a patto di rispettare certi requisiti di frequenza e bassa potenza. Prendiamo per esempio il caso di due coppie di escursionisti che si trovano a operare su un canale PMR. Nessuna delle due coppie può costringere l'altra ad abbandonare il canale e utilizzarne un altro. Non prevedere alcuna forma di licenza non significa entrare in un regime di deregulation totale, ma sotto l'ombrello di una licenza generica estesa a tutti gli apparati di una determinata tipologia. Visto che l'Italia si è finora dimostrata molto poco propensa ad adottare un sistema di licenze ben definito, non si può escludere che la formula unlicensed possa effettivamente prendere piede, con il benestare indiretto di una Corte sovranazionale. In questo caso, le associazioni romane dovranno dimostrare di essere ragionevoli e sedersi attorno a un tavolo per individuare le frequenze ottimali. Bisogna poi evitare a ogni costo un deleterio "effetto FM", una banda in cui le emittenti libere hanno finito per fare a pugni usando i finali di potenza al posto dei guantoni (a pensarci bene, in effetti, le radio private sono state per anni emittenti unlicensed, senza alcun vincolo di certificazione dei loro apparati). Se le street radio funzioneranno in un mercato di impianti rigorosamente certificati e controllati dalle autorità competenti, la guerra non ci sarà. Si spera.

iKlee ha detto...

Ciao Andrea,
leggo solo adesso questa cosa dell'AM a bassissima potenza e mi sembra interessante.
Un ulteriore motivo per seguire le tue pagine, sempre molto interessanti.
Se posso dare una mano, sai dove trovarmi.

A presto

Flavio

Andrea Lawendel ha detto...

Grazie Flavio, aspetto con ansia che Giovanni Montefusco mi ricontatti per raccontarmi dei suoi incontri con il Conna e delle eventuali iniziative da prendere. Sono convinto anch'io che possa nascerne qualcosa di molto concreto, in grado di fare il necessario rumore (low power, evidentemente).