28 marzo 2008

L'ultima radio

Domenica sarò al Franco Parenti di Milano per il nuovo spettacolo teatrale di Tullio Solenghi. Si tratta di un monologo adattato da un testo di Sabina Negri, autrice e personaggio televisivo (nonché ex consorte dell'ex ministro Calderoli) di cui - confesso - ignoravo l'esistenza. Eppure la presentazione dello spettacolo, di cui riporto la locandina, mi è sembrata suggestiva, anche perché Solenghi sembra volerci mettere molto del suo personale rapporto con il mezzo radiofonico, rapporto che risale agli albori della carriera dell'attore, chiamato ad annunciare i programmi del Gazzettino della Ligria. Questa è la breve presentazione di L'ultima radio (No auditel: canale ascoltami) dal sito del Franco Parenti, dove sone previste tre repliche, alle 21.15, domani 29 e fino al 31 marzo.
Lo spettacolo fa parte di Racconto italiano. Un dialogo senza confini fra platea e palcoscenico. Nell’epoca dove regnano lo share e l’auditel, Tullio Solenghi interpreta il microcosmo di coloro che non riescono a stare al passo con i tempi, che non ce la fanno perché non si vogliono sporcare le mani, che restano indietro e affondano nonostante la bellezza e l’onestà di quello che fanno. Così il conduttore-factotum di una piccola emittente libera, soverchiata dai satelliti e dalle antenne della macro produzione mediatica, esterna la voce dei tanti che non riescono a trovare il canale giusto per farsi ascoltare.
Nelle serate milanesi è prevista una curiosa appendice. "Al termine di ogni rappresentazione," infatti, "il pubblico sarà coinvolto e invitato ad esprimersi a partire dalle emozioni suscitate dallo spettacolo. Alcuni studenti dell’Università Statale raccoglieranno le testimonianze degli spettatori che comporranno un affresco autentico dell’identità italiana." Ed ecco la locandina:
L'ultima radio

di Sabina Negri
regia di Marcello Cotugno

aiuto regista Guia Zapponi

elaborazione drammaturgica di Tullio Solenghi e Marcello Cotugno

colonna sonora a cura di Marcello Cotugno

con Tullio Solenghi

Note a margine di una radio
La parola radio per quelli della mia generazione ha un potere evocativo particolare, in quei lontani anni ‘50 infatti il totem attorno al quale la sera si riunivano le famiglie era costituito da quello strano aggeggio, l’imponente mobile-radio, infarcito di valvole con due manopole madreperla sul frontale, che avevano il magico potere di proiettarti in uno sconfinato mondo di voci e di suoni.
Ricordo di allora l’inconfondibile piglio toscano di Silvio Gigli, o la calata spoletina di Alberto Talegalli.
Sempre alla radio devo poi il mio debutto in arte, ad appena 17 anni, come “annunciatore sostituto” al gazzettino della Liguria, sede R.A.I. di Genova.
E ancora la radio è stata alla base della mia avventura lavorativa forse più esaltante, quando col “trio” varammo nel 1982 Helzapoppin Radio Due, preziosa palestra di tutte le nostre future creazioni e trasmissione che si rivelò poi programma-cult.
L’approccio col testo di Sabina Negri è stato perciò un qualcosa di più che il rapporto con un mezzo espressivo che ha fatto da sottofondo alla mia carriera artistica, ma, come accade per il protagonista di MomentiRadio, pur se in maniera differente, ha caratterizzato anche i momenti più significativi della mia esistenza.
Il conduttore-factotum ripercorre l’avventura di questa sua emittente, ed essa coincide con un ben più profondo bilancio della sua vita, che passa attraverso quei miei stessi anni, anni densi di speranze deluse, di scelte essenziali, di esperienze che hanno lasciato un solco incancellabile nelle rughe del tempo.
Ci ho messo dentro molto di me, virando un po’ più verso l’ironia, che è alla base della mia ricetta di sopravvivenza.
Anche la scelta del tappeto musicale sul quale si muove il tutto ha avuto una forte valenza evocativa, e qui ho trovato la preziosa collaborazione di Marcello, dal quale mi separano almeno due generazioni, ma con cui ho verificato “sul campo” una totale sintonia espressiva che non conosce datazioni o classificazioni.
Devo confessare che generalmente non sono attratto dal “monologo”, ma qui a convincermi è stato il contesto del tutto diverso, il “solista” in questione qui è solo il tramite di una infinita catena di contatti, di rapporti, di evocazioni, egli rappresenta la preziosa sinapsi tra gli infiniti microcosmi di umanità che affollano l’esistenza di ognuno di noi.
(Tullio Solenghi)

Nessun commento: