13 aprile 2012

L'organo di controllo della VOA "smitizza" il ruolo delle onde corte

Il blog del BBG, il Broadcasting Board of Governors che regolamenta le trasmissioni per l'estero finanziate dall'amministrazione americana, pubblica una lunga confutazione di una serie di "miti", quelli per cui l'ente starebbe smantellando una infrastruttura in onde corte a favore di canali distributivi più al passo con i tempi. Tra i presunti "fatti" contestati dal BBG ci sono il numero di ricevitori a onde corte in funzione nel mondo (che non sarebbero affatto quel miliardo stimato da alcune fonti), il fatto che le onde corte interessano molto al governo cinese (è interessato solo a interferire sulle nostre frequenze, afferma il Board) e la presunta immunità delle onde corte da azioni di blocco che invece penalizzano Internet. Su questo ultimo punto la risposta è molto dettagliata e mette in risalto l'efficacia del jamming e delle interferenze con un campione di registrazioni effettuate nelle località target. Il Board conclude sottolineando che in Cina la presenza di numerose parabole satellitari consente la trasmissione di programmi radio con fotografie, che oltretuttocostano 250mila dollari contro i 7 milioni delle infrastrutture su onde corte.
Sono obiezioni sensate, anche se resto dell'idea che il mezzo sia tutt'ora imbattibile per economicità e semplicità delle attrezzature di ricezione. Sui costi di trasmissione mi sembra discutibile calcolarli sulla base di potenze impegnate secondo me irrealistiche ed eccessive. L'aspetto del jamming è sicuramente un ostacolo importante, ma non è detto che non debba essere gestito in modo diverso. Comunque la lettura il parere ufficiale del BBG è molto interessante e la raccolta di campioni audio sulle condizioni di ascolto delle trasmissioni di VOA, RFA e altre in località della Cina e in diverse altre nazioni rappresenta, per quanto mi riguarda, una vera novità e un solido argomento. L'articolo non entra nel merito del declino generalizzato delle attività svolte fino a oggi da emittenti internazionali ormai chiuse o costrette a ridurre drasticamente la loro produzione, argomento che in linea di principio non dovrebbe essere correlato a quello della sempre più scarsa economicità delle onde corte. E invece viene il sospetto che in realtà si voglia mandare in soffitta, insieme alle onde corte, anche l'intero concetto di public diplomacy basata su contenuti radiotelevisivi in lingue diverse.
Sul piatto poi c'è un'altra questione, che riguarda l'uso delle onde corte su scala molto più limitata, nell'ambito cioè di servizi a copertura nazionale o regionale. Ma anche qui aleggia il fantasma - un po' cospirazionista, lo ammetto - della crisi finanziaria della globalizzazione e delle sue ricadute sui budget governativi e sull'informazione giornalistica a carico del contribuente. Sapete bene come la penso: governi su cui pesa la responsabilità di gravissimi errori politici, economici, militari (per non parlare dei livelli di corruzione e degli autentici casi di banditismo) hanno tutto l'interesse a mettere a tacere il pensiero critico riducendo l'investimento nel modello dell'emittenza pubblica e non asservita. Purtroppo questo inesorabile bavaglio si sta stringendo senza che i diretti interessati, i contribuenti e gli elettori, distratti e intristiti dalla crisi, battano ciglio.

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