05 marzo 2014

La Corte dei Conti fa le pulci sul bilancio RAI 2012 (quasi 246 milioni di buco). Radio (e tv) non mettono a frutto il potenziale sul Web.


Un tweet catturato da Andrea Borgnino rivela la presenza sul sito della Corte dei Conti (in fin dei conti è una non notizia, vista la funzione di questo organo di controllo) di una ampia relazione sul bilancio della RAI negli anni 2011 e 2012. Una relazione che contiene moltissime indicazioni sia sul mercato radiofonico in Italia, sia sul potenziale (ampiamente sprecato) di Radio RAI, che nel 2012 è costata 128,7 milioni di euro, 2 in meno rispetto al 2011. Nel complesso la RAI perde 245,7 milioni di euro nel 2012, contro l'attivo di 39,7 milioni maturato nel 2011. Nel secondo anno preso in esame dalla Corte (può essere utile esaminare il confronto con il 2010), il buco in bilancio è legato a diversi fattori, in particolare i grossi investimenti legati alla copertura delle Olimpiadi e una perdita secca di circa 200 milioni sugli introiti pubblicitari (contrazione del 22% rispetto al 2011). Particolarmente gravoso è anche il peso dell'evasione del canone ordinario, che nel 2012 sarebbe stata pari al 27%.

A parte tutte le altre considerazioni, economicamente la radiofonia pubblica - che nella relazione della Corte viene pur sempre definita il secondo medium italiano per numero di fruitori - fa la parte della Cenerentola. Basti pensare che per Radio 3, il canale culturale e musicale, vengono spesi solo 11,5 milioni in costi di produzione. La relazione fa le pulci anche al resto, incluso il piano di rilancio della radiofonia del 2009: evidentemente non riuscito - ma questa è una mia considerazione -  se in termini di ascolti Radio RAI è precipitata nella metà inferiore della Top 10 dei network. Messa in discussione soprattutto la strategia Web, definita troppo frammentata e disorganizzata. Il risultato è che anche nell'"ascolto"via Internet Radio RAI è indietro rispetto ai privati. Per quanto concerne la TV il divario è ancora più pesante in termini di ricavi: con tutti i suoi programmi televisivi l'ente pubblico incassa sul Web 8 milioni di euro e rotti contro i 30 del concorrente "naturale" Mediaset. La RAI non riesce a "inseguire" i suoi potenziali ascoltatori, malgrado i lodevoli tentativi che la radiofonia in particolare ha fatto per il potenziamento dell'offerta in streaming e in podcast. Tra le righe della relazione della Corte si legge una esortazione a rivedere completamente la brand identity sul Web, per la televisione si tratterebbe di strutturare le offerte in percorsi tematici più integrati, per la radio di aumentare l'interazione (vengono citati gli esperimenti di Radio 3) e ridurre, appunto, la frammentazione attuale - frutto aggiungo io della solita incapacità di pianificare una vera strategia online ex ante: come sempre accade la Rai si limita a gestire alla bell'e meglio un coacervo di siti individuali e un mosaico di stimoli contrastanti, senza una visione unitaria del marchio Radio RAI, neppure a livello dei singoli canali. Ovviamente bisogna tener conto del fatto che dalle considerazioni della magistratura contabile mancano completamente gli aspetti che riguardano la nuova offerta dei canali di Web radio, per i quali non erano ancora disponibili dati.
Per gli addetti al settore è una lettura fondamentale, per noi utenti è uno scenario in parte desolante. Figuratevi che nel 2012 un canale di pubblica utilità come ISORadio è stato gestito dalla RAI "pro bono" senza incassare alcun corrispettivo economico (circa 2 milioni) a causa della scadenza del contratto con il CCISS. Per non parlare della RAI fanalino di coda nella classifica Audiweb dei siti di notizie, dominata dai due maggiori quotidiani nazionali.
Si parla anche di infrastruttura nell'analisi della Corte dei Conti. Nel 2012 la RAI paga quasi 189 milioni per la diffusione dei suoi contenuti. La radiofonia può contare su 2700 impianti in 900 postazioni, ma anche qui la situazione è carente, la copertura territoriale ne soffre a causa dell'invecchiamento degli impianti e delle interferenze dai privati. 

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno a tutti.Forse sarà un peccato di anacronismo,ma abbandonando le onde medie alcuni ascoltatori si sono persi,soprattutto tra gli over 60.La ricezione FM è difficoltosa,una persona di una certa età rinuncia alla fruizione dei programmi RAI radio,e difficilmente naviga nel web.Prima di "demolire una tecnologia bisogna attendere almeno due generazioni,ma questo è un mio pensiero che è sicuramente sbagliato Gianfranco dal piemonte

Unknown ha detto...

Buongiorno a tutti voi da Gianfranco.Forse sto per commettere un peccato di anacronismo,ma molti ascoltatori RAI sono over60,ed ascoltano la radio......con la radio.La rete FM fa acqua da tutte le parti,non parliamo delle onde medie ritenute inutili(A TORTO).Le persone anziane non si avventurano nel web quindi,a malincuore,desistono dall'ascolto rai.Questo è però il mio pensiero da topo di campagna,che potrebbe essere sbagliato.W la radio!